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Schönberg, Webern e Berg

Il nostro lettore si ricorderà dell'orribile colpo subito dallo Schönberg Kreis con la nascita della Universal Edition su cui ci eravamo lasciati nell'ultimo incontro, l'attesa è terminata, eccoci ad accogliere quell'era demiurgica in cui ogni artista si sente un Prometeo, di là del bello e del brutto e di per

Il nostro lettore si ricorderà dell’orribile colpo subito dallo Schönberg Kreis con la nascita della Universal Edition su cui ci eravamo lasciati nell’ultimo incontro, l’attesa è terminata, eccoci ad accogliere quell’era demiurgica in cui ogni artista si sente un Prometeo, di là del bello e del brutto e di perfetta libertà estetica di cui la Germania è l’eletta Madre.

Un monodramma per soprano ed orchestra è l’Erwartung op. 17 (Attesa op. 17, del 1909) abbozzato in uno stato da macchina inconscia in soli 17 giorni: storia angosciosa di una frau (che sta per donna) claudicante in una pallida foresta alla ricerca ansiosa dell’amante perduto e ritrovato cadavere in una Natura ostile all’uomo, contrappuntata da polifemici accordi dalle otto alle dieci note. L’epifania dell’abisso silenzioso illogico ed indistinto è dietro quello slancio vocalico dal SI al DO diesis che sfocia con l’intonare «Aiuto», citazione dal Parsifal wagneriano.

Il testo espressionista di Marie Pappenheim, appassionata di psicanalisi e influenzata da Kokoschka probabilmente, viene assecondato in scena da una teatralità angosciante, più che lirica, e non manca il tradimento ai leitmotiv wagneriani, dato che nel flusso operistico non vi sono temi ricorrenti e l’atonalismo permea qualsiasi poro. Un lavoro unico per la sua atematicità e atonalità dove occorre prestare orecchio al “declamato spigoloso” ed aggressivo, un’altra cosa rispetto al Debussy operistico, alternato da stasi e gridi creanti contrastanti colori musicali e pittorici: un’innovazione melodica timbrica.

Schönberg, Webern e Berg

In prossimità della morte di Mahler nacquero i 6 kleine Klavierstücke op. 19 (Sei piccoli pezzi per pianoforte op. 19, del 1911): pezzi necessitanti di una sintesi assecondante un cammino che va dalla corposità delle prime opere alla condensazione estrema attuale con svuotamento lirico ed essiccamento timbrico esasperato, in affinità con le tappe metamorfiche Stravinskijane. Il secondo dei pezzi è ridotto a nove battute contenenti un centinaio di note, creato sull’ipnotico ricorrere di SOL e SI, che ritornano monotonicamente e senza tanta asprezza, ma ricchi di significazione espressiva come gli altri brani.

Una privata tonalità ora sospesa viene articolata in “suoni in libertà” che scardinano la grammatica accademica tradizionale, e sgorgono degli aforismi musicali a-melodici dalla ricercata soggetività artistica, un lascito dall’estremo istmo del Romanticismo (vedi gli Schumann e i Brahms in primis).

Una certa metafisica sonora dalla vocalità dissociata, su inconsueti salti di registro, agisce scomponendo freddamente la realtà, vedi le “6 Bagatellen für Streichquartett op. 9” (Sei Bagatelle per quartetto d’archi op. 9) di Anton Webern e i “Vier Stücke für Klarinette und Klavier op.5” (Quattro pezzi per clarinetto e pianoforte op. 5) di Alban Berg oltre che il modus operandi dell’internazional gruppo Kandiskijano.

Ventuno liriche (“tre volte sette”, secondo la dizione di Schönberg) del poeta belga Albert Giraud, tradotte liberamente in tedesco da Otto Erich Hartleben perdono di simbolismo e si accordano angolosamente al Pierrot Lunaire op. 21 per soprano e cinque strumentisti per otto strumenti.

Scritto su commissione dell’attrice di cabaret Albertine Zehme, curatrice della prima esecuzione il 6 di ottobre 1912 alla Choraliensaal di Berlino, durante la quale indossò i panni di Pierrot accompagnata da musicisti suonanti dietro un paravento, sotto la direzione dello stesso Schönberg. L’opera fu subito accolta con interesse, specialmente dopo la Prima Guerra Mondiale, e divenne la più eseguita e rappresentativa di Arnold.

Schönberg, Webern e Berg

Le liriche lieder, volutamente miscelate con ironia e sarcasmo, gusto dissacrante e macabro, sono arricchite da elementi espressionisti (es. Der kranke Mond, “La luna malata” o Der Mondfleck, “La macchia lunare”) e da reiterati riferimenti a Pierrot (la maschera di Arlecchino) l’eponimo che ebbro gironzola e sbeffeggia il prossimo Cassandro, e “dandyeggia” ombreggiato dalla luna. Melodramen per Sprechstimme (voce recitante) e strumenti, in una accezione diversa poiché Schönberg indica l’altezza delle note che deve intonare la voce recitante, specificando che tali note non devono essere “cantate”, ma “parlate”, ovvero intonate all’attacco e subito abbandonate con ascesa o discesa del suono.

Questo discantus porta il compositore a sfruttare una vasta “melodia timbrica” della voce cantante che alterna il canto-parlato fondendoli insieme – una tipicità deicabaret nei quali Arnold aveva lavorato per guadagnarsi da vivere – (es. il “bisbigliato senza accento” e “l’intonato con accento” differentemente da Debussy), che unito ad un impiego variegato degli otto strumenti (flauto, ottavino, violino, viola, clarinetto, clarinetto basso, violoncello e pianoforte), dà una creazione di colori vocali e strumentali dall’esuberante originalità. Poliedricamente Schönberg segna la linea della voce con una crocetta ad indicare un suggerimento di nota in “Mondestrunken” (Ebbro di luna), è essenzialista in “Der kranke Mond” (La luna malata) dove la voce è accompagnata solo dal flauto, e fa ricorso alle tecniche compositive dei maestri antichi: la Passacaglia in “Die Nacht” e forme complesse di canone in “Parodie” e “Der Mondfleck”; citazioni di tradizionali ritmi di danza, come il Minuetto in “Enthauptung”, il Valzer in Valse de Chopin, la Barcarolle in “Heimweh”. In O alter Duft, sono impiegati in successione gli otto strumenti, mentre la musica ha un semplice andamento da canzone omofonica.

Schönberg, Webern e Berg

La musica demiurgica schönberghiana vuole “creare un problema” evitando la piacevolezza sonora; trasmettere un’angoscia coerente col tempo sospendendo la grammatica tonale e seguendo istintivamente la sensibilità creativa dell’artista-compositore, un’anima ancora “romantica”. Questo musicare venne considerato “un’anarchia compositiva” liberata, e liberantesi, non regolata da norme quindi non valutabile nella composizione.

Ma Arnold aveva le idee ben chiare già nella lettera a Busoni, del 1909, quando parlando dei Fünf Orchesterstücke op. 16 (Cinque pezzi per orchestra op. 16) affermò: “Siamo stufi fino alla nausea delle sonorità piene, morbide di Wagner: ‹Nun lasst uns andere Töne anstimen “Ora intoniamo altri suoni”…” privi di sviluppo architettonico che a Mahler risultarono difficili da tradurre in suoni mentali ed a Strauss “esperimenti così audaci” sarebbero stati eccessivi per il pubblico dei suoi concerti berlinesi.

Il diario schönberghiano non è da meno delle missive ed in data 12/3/1912 scriveva: riguardo il “primo melologo per il Pierrot lunaire“: “I suoni diventano qui una sorta di vera e propria immediata espressione animale di moti dei sensi e dell’anima”.

Skandalkonzert! Alla prima mondiale dei tardo-romantici “Gurrelieder” nel febbraio 1913, al Musikverein di Vienna: la sala concerti leggenda in cui avevano esordito le sinfonie di “Brahms” e “Bruckner”. Come non bastasse il 29 Maggio sarebbe stato il turno de “La Sacre” agli Champs-Élysées a coronare gli scandali…

Nemmeno un successo unanime di pubblico, anche antischönberghiano, salmodiante “Schönberg! Schönberg!”, scosse l’eroe inaspettato ora crucciato coi suoi “nemici” (Debussy disse che Stravinskij tendeva “pericolosamente verso Schönberg”, la “bruttezza organizzata”, e non mancavano i dubbi di Strauss) che non lo capivano trascurandolo, e chinandosi dinanzi ai musicisti rivolse le spalle al pubblico, riproducendo live il suo dipinto Autoritratto, mentre cammino in cui volge le spalle all’osservatore.

Schönberg, Webern e Berg

Più s-concertante fu il 31 marzo 1913 al classico Musikverein: la “Kammersymphonie op. 9”, i “Sechs Stücke für Orchester op. 6” di Anton Webern e gli “Altenberg-Lieder op. 4” di Berg che fecero ridacchiare la folla dopo un accordo dodecafonico (di 12 note) forse eseguito mediocramente ed intervennero i gendarmi a placare la rissa e la serata conquistò il posto in prima pagina sul “Neue Freie Presse”.

Causa dello scandalo dipende dalla fisica del suono, da intervalli “bestiali” che von Helmholtz in Die Lehre von den Tonempfindungen (Teoria delle sensazioni sonore) individua nei semitoni che premuti simultaneamente creano pulsazioni irritanti l’apparato uditivo: l’intervallo di settima maggiore e di nona minore sono enfatizzati nell’atonalità musicale per costernare la classe borghese media “amante” dell’arte, verso la quale si riversava quella “volontà di distruggere” dei demiurgi avanguardisti. La messianicità dell’anteguerra decadde in favore dell’autoesclusione degli artisti e lo Schönberg-Kreis, d’interesse ormai esclusivo della SIMC, si organizzava per la Verein für Privataufführungen (Associazione per esecuzioni private), ma l’esperienza avanguardistica volgeva al termine già nel 1924.

Francesco D’Errico

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