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Quella voce unica e inimitabile di Brian Johnson

Oggi nel 1947, a Duston, cittadina del Nord-Est inglese, emettetteva i primi vagiti una delle voci destinate a incidere profondissimi solchi nella storia del rock: Brian Johnson, frontman degli AC/DC per più di 3 decadi.

È il 1980 quando, dopo la tragica morte di Bon Scott, la band di Angus Young & soci si mette alla ricerca di un nuovo cantante. Il nuovo disco è praticamente pronto a livello strumentale, Bon Scott avrebbe dovuto solamente cantare le sue parti, ma una serata alcolica sbagliata se lo è via prematuramente.
Il disco però è una bomba e i fratelli Young lo sanno. Dovrà essere pubblicato, proprio in onore a Scott, con una copertina nera funerea.
Ma chi lo canterà? Chi prenderà negli AC/DC il posto di un cantante così unico nel suo genere?

Brian Johnson all’epoca sta affrontando la carriera solista, uscito dall’esperienza con i Geordie, una glam rock band di Newcastle con all’attivo alcuni dischi non passati sotto silenzio, vi consigliamo l’ascolto almeno dell’album d’esordio Hope You Like It che contiene alcune ottime performance e, ovviamente, la voce di un Brian ancora giovincello e, per quanto dotatissimo e capace di arrivare alle note più alte, ancora non totalmente intriso in quello stile rauco e graffiante che sarà tipico con la band australiana.

In realtà, fino a quel momento si stava preparando a rimettere in piedi la sua vecchia band, ma l’occasione è grande. Si presenta all’audizione a Londra, invitato dalla stessa band, senza sapere che lo stesso Bon Scott, anni prima, lo aveva ascoltato in concerto in Inghilterra con i Geordie e ne aveva parlato come “il più grande cantante rock’n’roll nello stile di Little Richard“.

Canta prima “Whole Lotta Rosie” e poi una cover di Tina Turner, “Nutbush City Limits”.
Il resto è storia.