HomeMusica e CulturaAscoltare Musica - ApprofondimentiGuns N’ Roses: Knocking on Dylan’s door

Guns N’ Roses: Knocking on Dylan’s door

Quando la band di Axl Rose trasformò la dolce ballad di Bob Dylan in uno dei momenti più significativi di un repertorio ad alto grado di alcoolica cattiveria.

È il 1973 e tutti aspettano di vedere una novità senza precedenti, Bob Dylan che si concede sul grande schermo tra gli attori di un film western e firma l’intera colonna sonora. Considerato il carattere spigoloso del futuro premio Nobel, che difficilmente si concede più del necessario, sembra quasi uno scherzo, ma non lo è.

Pat Garrett and Billy The Kid

Il film è Pat Garrett and Billy The Kid, diretto dallo stesso Sam Peckinpah de Il Mucchio Selvaggio, L’ultimo Buscadero e Getaway, regista di culto dalla vita sregolata.
Il protagonista più noto è James Coburn nei panni dello sceriffo Pat Garrett ma Billy è Kris Kristofferson, già molto famoso come country songwriter.

Forse Dylan si trova a suo agio fra i due outsider, Kris l’Outlaw (anche nella musica) e Sam il selvaggio, o forse più semplicemente è divertito dalla possibilità di giocare in un ruolo trasversale e defilato. Di certo, scrive una soundtrack quasi di maniera e una canzone dal taglio praticamente hollywoodiano.

Nel film “Knocking on Heaven’s Door” fa da cornice alla morte di uno dei personaggi secondari, ma diventa nel tempo simbolo dell’intera pellicola. Niente a che vedere con la produzione ufficiale di un artista preso a modello da generazioni di intellettuali, poche parole sottolineate da un coretto patinato e la voce immersa in un bagno di riverbero che ripete a oltranza il titolo.

Pat Garrett and Billy The Kid

Rimarrà un episodio isolato ma nella sua semplicità ha le carte per catturare nel tempo ogni tipo di orecchie. Fino a quando, una quindicina di anni più tardi, un gruppo di ragazzacci di Los Angeles, sporchi, cattivi e sfacciati, iniziano a suonarla nei loro concerti e poi la registrano per la colonna  sonora di Days of Thunder (Giorni di tuono) del 1990 con protagonista un giovane Tom Cruise.

All’epoca Dylan ha cambiato già diverse pelli, com’è suo solito. Nel frattempo è stato accolto ufficialmente nella Rock & Roll Hall of Fame e ha registrato un notevole successo commerciale con l’album Oh Mercy. Contemporaneamente, si permette qualche sfiziosa serata sul palco con i Travelin Wilburys, supergruppo creato con George Harrison, Roy Orbison, Tom Petty e Jeff Lynne.

Guns'n'Roses

I Guns’n’Roses a inizio anni ’90 sono al top della loro ascesa grazie a un mix di heavy rock e dirty metal cucinato a dovere con un’immagine sfacciata ed eccessi degni di più celebrati colleghi. Per qualcuno sono solo una pallida immagine dei grandi del rock ma la band dimostra nei fatti di avere i numeri giusti, vendendo milioni di dischi e scavandosi un posto nella storia di questa musica.

Nella loro cover della canzone dylaniana bastano pochi secondi per capire che aria tira e ci pensa presto Axl Rose con la sua voce più strozzata a condire per bene il refrain, prima che Slash tiri fuori la sua chitarra. Su una ritmica appesantita per bene da chitarroni distorti e dalle esplosioni del rullante si consuma ogni stereotipo del rock più cafone e scontato.

Eppure “Knocking On Heaven’s Door” si dimostra più forte anche della crudezza partorita dai bassifondi della città degli angeli, anzi è proprio il contrasto con la dolcezza della melodia e di quei tre-quattro accordi a farne un nuovo inno, un momento topico nei concerti della band davanti a un pubblico che spesso non ne conosce neanche l’origine.

Oggi – nell’una o nell’altra versione – è una delle canzoni più note in tutto il mondo e ha anche conquistato qualche discutibile primato, come quello di piazzarsi fra quelle più suonate nei funerali.
C’è persino una cover in italiano, quella di Adriano Pappalardo nel 1975 dal titolo “Ai miei figli che dirò”.

Guns'n'Roses

Che cosa abbia pensato realmente l’illustre autore della versione dei Guns’n’Roses, inserita anche nel loro album Use Your Illusion II, non è dato saperlo. Probabilmente la cosa non lo ha toccato minimamente, chiuso com’è nel suo enigmatico e imperscrutabile mondo.

Autodichiaratosi “Born again christian” fin dal 1979, Bob Dylan ha poi cantato la sua canzone anche davanti al papa Giovanni Paolo II nel settembre 1997 a Bologna in occasione del Congresso Eucaristico Nazionale, invitato dall’Arcivescovo Cardinale Biffi, munito di cappellone bianco da cowboy, giacca scura e cravattino.

Bob Dylan

La sua voce, già discutibile quanto a carattere melodico e intonazione, è al suo peggio. Ma Dylan è Dylan, c’è poco da criticare, che sia immortalato in poche sfuggenti immagini cinematografiche o – molto di più – in una serie di canzoni che hanno cambiato il concetto stesso di musica popolare. Chissà che musica vorrebbe lui al momento del grande saluto…