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Bon Scott, una morte annunciata

Londra, è notte fonda. Un uomo siede in una Renault 5 parcheggiata davanti al civico 67 di Overhill Road.

È solo, nessuno lo disturba. Non c’è un gran viavai nel quartiere residenziale di East Dulwich, a una ventina di minuti dal centro città, certamente non a quell’ora. 
Perciò l’uomo se ne sta lì come alla deriva, in stato d’incoscienza. Sembra semplicemente addormentato, adagiato com’è sul sedile del passeggero. Puzza d’alcol.

In corpo ha una quantità di whisky da ubriacare una squadra di rugby. Resta lì per ore e ore. Si fa giorno ed è ancora lì. Nessuno lo nota. Passa il pomeriggio e lui è ancora lì, dentro la R5, immobile. Si fa sera e nessuno reclama la sua presenza. 
Qualcuno, però, s’è preso cura di quell’uomo prima di abbandonarlo. 
Qualcuno ha reclinato il sedile per farlo stare più comodo. 
Qualcuno ha cercato di difenderlo dal freddo con una coperta. 
Qualcuno ha lasciato in auto un biglietto con un indirizzo e un numero di telefono da chiamare in caso di emergenza.
Ma chi è quell’uomo? E com’è finito in quell’auto?

Somiglia a Bon Scott, cantante della rock band AC/DC, uno scozzese trapiantato in Australia dotato di una gran voce e di una gran sete, uno dalla gioventù tanto scapestrata da essere rifiutato dall’esercito in quanto “soggetto socialmente disadattato”. Uno che ha soggiornato anche nella prigione di Freemantle dopo un arresto per aggressione.
Dicono sia una specie di hooligan, sempre pronto a mettersi nei guai. Può salire sul palco ubriaco fradicio, prendersi il chitarrista Angus Young sulle spalle e continuare a cantare come se niente fosse. 

Va in giro sostenendo che “alcol, donnacce, sudore in scena e pessimo cibo nel backstage non indeboliscono: è tutta salute“, dice. Non è tutta salute, perché l’uomo abbandonato sul sedile di quell’auto, a East Dulwich, è proprio lui: Bon Scott. 
Aveva 33 anni e ora è morto.

Cover photo by Katherine Lim