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Thurston Moore – Rock n Roll Consciousness

Se affermassimo che il quinto album di canzoni accreditato a Thurston Moore (il terzo dopo lo scioglimento dei Sonic Youth) segni un ritorno ad antiche atmosfere arty-avantgarde dei tempi che furono, faremmo torto all'altra anima del chitarrista, quella ancora felicemente coinvolta in collaborazioni estemporanee e prod

Se affermassimo che il quinto album di canzoni accreditato a Thurston Moore (il terzo dopo lo scioglimento dei Sonic Youth) segni un ritorno ad antiche atmosfere arty-avantgarde dei tempi che furono, faremmo torto all’altra anima del chitarrista, quella ancora felicemente coinvolta in collaborazioni estemporanee e produzioni carbonare.

Thurston Moore - Rock n Roll Consciousness

È ciò che si è da poco incaricato di dimostrare il libro di Nick Soulsby, We Sing A New Language – The Oral Discography of Thurston Moore. Proprio da una di queste che nasce il sodalizio con il poeta e attivista politico Radieux Radio, anche lui di stanza a Londra e già co-protagonista per la mostra Rebellion Of Joy alla Red Bull Academy parigina. Come già accadeva nel precedente The Best Day del 2015, Radieux qui appare in veste di paroliere per due brani in scaletta, “Exalted” e “Turn On”, rispettivamente un’elegia alla possessione creativa e all’amore universale.

Thurston Moore - Rock n Roll Consciousness

Anche il titolare ci mette del suo, per esempio quando dedica il pezzo più no-wave del lotto alla dea dell’amore Aphrodite… Se vi paiono riferimenti decotti e fuori tempo massimo è perché, effettivamente, lo sono: più che delle nevrosi da No New York, qui si respira forte l’odore beatnik di una Grande Mela rimasta ferma ai vagabondaggi di Allen Ginsberg. Fortuna che l’apparato strumentale regge benissimo, forte dell’assortimento ormai rodato con Deb Googie (My Bloody Valentine) e il vecchio compare Steve Shelley dietro le pelli.

Cinque brani per quarantacinque minuti di seduta da “flusso di coscienza” elettrico dove l’unica fuori parte appare, a tratti, la chitarra di James Sedwards, fin troppo calligrafico nelle sue uscite solistiche (vedi gli assoli ricamati di “Smoke Of Dreams”) anche quando il resto del gruppo pare interessato unicamente a darci sotto di grattugia.
Eccessi di zelo e ispirazioni fricchettone di dubbio gusto a parte, a fine ascolto ci si ritrova a constatare una volta di più che quando Moore fa Moore è sempre un gran bel sentire.

Simone Dotto

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