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Herman Li – Una vita in tour

Nel periodo di massimo successo dei Dragonforce, Ibanez mi propose di organizzare delle clinics in Italia con Herman Li, uno degli endorser di punta che vantava anche due modelli signature a catalogo nel mondo; subito mi attivai per pianificare gli eventi che, al suo primo viaggio in Italia, erano solo due.Non seguivo

Nel periodo di massimo successo dei Dragonforce, Ibanez mi propose di organizzare delle clinics in Italia con Herman Li, uno degli endorser di punta che vantava anche due modelli signature a catalogo nel mondo; subito mi attivai per pianificare gli eventi che, al suo primo viaggio in Italia, erano solo due.
Non seguivo molto il genere definito Power Metal, ma ero assolutamente al corrente del nutrito seguito di fan che la band poteva vantare ed ero molto curioso di lavorare con Herman. Al nostro incontro in aeroporto mi trovai di fronte un ragazzo molto timido ed educato, per nulla atteggiato a rockstar. Entrammo subito in confidenza parlando di chitarre ed accessori annessi e ci dirigemmo subito verso la location della prima clinic.

Herman è davvero un appassionato di tecnologia e adora il mondo dei computer. Si definiva un computer geek e sosteneva che, se per qualche motivo il progetto Dragonforce fosse andato a finire, sarebbe sicuramente tornato ad occuparsi di informatica. Diceva di avere un’autentica passione per i siti che vendono accessori per computer e amava cercare sempre qualcosa per upgradare la sua macchina confrontando specifiche e prezzi su mille webstore in tutto il mondo.

Anche il suo setup per le clinic era molto complicato, ma gestito alla perfezione.
Usava una pedaliera modeling Roland che collegava ad una scheda audio che gestiva tutto il sistema. Le basi su cui suonava erano riprodotte da delle sessioni di ProTools sul suo computer e lui gestiva i livelli e i suoni di basi e chitarra sia per i monitor che per il PA in totale autonomia. In pratica il fonico in sala doveva solo alzare il volume master al giusto livello, non serviva fare altro.
Tra i suoi effetti spiccava un pedale collegato via Bluetooth ad un anello in gomma che teneva sulla mano destra. Tramite il movimento della mano poteva modificare in tempo reale qualunque parametro dei suoi effetti, perciò sbalordiva e divertiva il suo pubblico con effetti wah, pitch shifter molti altri, muovendo la mano a suo piacimento.

Herman Li - Una vita in tour

La sua chitarra era parecchio ammaccata, sembrava non fosse mai stata messa in una custodia e venisse vigorosamente sbattuta nel baule della macchina ogni sera.
In effetti va detto che il mite Herman Li, una volta salito sul palco, diventa un grillo che salta in continuazione e che sbatte la chitarra a destra e a sinistra senza troppi complimenti. Non stupisce il fatto che abbia chiesto una modifica particolare alla leva della sua chitarra signature. In pratica la leva del tremolo, solitamente ad incastro, in questo caso è a vite, perché una delle evoluzioni tipiche di Herman consiste nel sollevare la chitarra tenendola per la leva e, con una leva a filetto, non c’è il rischio che si stacchi lasciando ricadere la chitarra.
Tutte queste evoluzioni accompagnavano uno stile chitarristico forsennato che rappresenta il trademark dei Dragonforce. Riff potenti, eroici e velocissimi, soli al fulmicotone con parti di chitarra doppiate ed eseguite a velocità olimpioniche. Questo è Herman Li!

Herman Li - Una vita in tour

Già alla prima clinic mi accorsi della massiccia affluenza di giovanissimi fan dei Dragonforce. Ciò era dovuto in gran parte ad un motivo non totalmente legato alla musica. In quegli anni uno dei videogame più in voga era Guitar Hero, un gioco in cui venivano proposti famosi brani rock in cui i giocatori dovevano suonare le parti di chitarra usando uno strumento dotato di alcuni pulsanti che poco avevano a che spartire con una vera chitarra. Il brano più difficile su cui cimentarsi che, tra l’altro, permetteva al giocatore di terminare l’ultimo livello, era proprio dei Dragonforce. Per questo motivo i ragazzi venivano ad ascoltare Herman che suonava dal vivo “Through The Fire And Flames” e quando il pezzo iniziava andavano davvero in estasi.
La percentuale dei videogame autografati rispetto ai CD della band era a dir poco schiacciante! Questo mi ha dato un’idea chiara di quale sia il mercato dei videogiochi, soprattutto se paragonato a quello della musica.

Herman Li - Una vita in tour

Una volta fatte le due clinics e dopo essermi reso conto del successo riscosso, avevo subito chiesto ad Ibanez la possibilità di riavere Herman per un tour di una settimana al più presto. Fui accontentato e di lì a pochi mesi Herman era di nuovo in Italia, accompagnato dalla sua (ora ex) fidanzata Nita Strauss, anche lei chitarrista, che allora militava nelle Iron Maidens, tributo band femminile degli Iron Maiden, ma che ora fa parte della band di un’icona del rock mondiale, Alice Cooper.
Essendoci già conosciuti, eravamo molto più rilassati, inoltre sapevo già molto bene come Herman gestiva le clinic, perciò passammo una settimana molto divertente mentre macinavamo chilometri per spostarci da una città all’altra.

Herman apprezzava molto la cucina italiana ed era sempre molto attento nell’ordinare solo ciò che sapeva avrebbe finito. Odiava far avanzare il cibo per una questione di rispetto e non voleva che nessuno spendesse inutilmente denaro per lui. Arrivava addirittura a bere l’acqua dal rubinetto in hotel perché riteneva assurdo il prezzo applicato alle bibite del frigo bar! 
Herman è di origine cinese, ma ha vissuto parecchi anni con i genitori in Francia, per poi spostarsi a Londra per vivere da solo. Per questo motivo parla fluentemente inglese, francese e cantonese. È anche un bravo chef ed è in grado di preparare piatti tipici di tutti i paesi in cui ha vissuto.
Ama il cibo piccante, perciò nelle nostre tappe al ristorante cercavamo sempre qualcosa che contenesse peperoncino, tabasco o qualche altra spezia infuocata. In occasione del Namm di Los Angeles successivo al nostro tour, mi portò una salsa piccante devastante. Si chiamava Death Sauce ed aveva un portachiavi a forma di teschio attaccato al tappo. Bastava una goccia di questo preparato infernale versata su un crostino di pane per mandare a fuoco la bocca ed azzerare la sensibilità delle labbra!

Herman Li - Una vita in tour

Un’altra caratteristica di Herman Li sono i suoi capelli neri lunghissimi. Gli arrivavano a metà coscia! Era comunque abituato a gestirli, perché con tutte le sue evoluzioni sul palco era davvero difficile evitare che si impigliassero da qualche parte. Probabilmente i cinesi hanno un codice genetico che li porta ad avere una crescita smisurata dei capelli, perché da buon rockettaro nella mia vita ho conosciuto tantissime persone con i capelli lunghi, ma mai come Herman Li! Durante il giorno era abilissimo nel fare dei nodi particolari che ne diminuissero l’ingombro, mentre per la clinic lasciava che questa enorme massa di capelli neri coprisse lui e la sua chitarra come un mantello.

Purtroppo dopo quel tour non ci fu più la possibilità di farne altri, anche se il Namm rimane sempre un’occasione per rivedere Herman almeno una volta all’anno. Il suo stile, unito a quello del suo socio nella band Sam Totman, ha rappresentato un delle tante sfaccettature che la figura del Guitar Hero ha assunto nelle varie epoche moderne ed ha appassionato un sacco di amanti dello shred più estremo.
Io amo profondamente la chitarra e in ogni tour che ho affrontato nel mio lavoro ho sempre incontrato un modo differente di interpretarla, di concepirla e di esprimerla. Trovo sia molto affascinante poter vedere delle personalità filtrate tramite uno strumento musicale e anche Herman ha lasciato un bel segno nel mio viaggio!

Stefano Sebo Xotta

Herman Li - Una vita in tour

Foto di Orazio Tuglio e Alex Ruffini

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