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Moustache Prawn – Erebus

Parafrasando il celebre detto, mia madre ha sempre affermato: "Mai scegliere un libro (in questo caso un disco) dalla copertina". Ma non posso negare che sia andata così quando ho avuto per la prima volta tra le mani "Erebus", il secondo album del trio pugliese Moustache Prawn. Dall'illustrazione realizzata da Marco C

Parafrasando il celebre detto, mia madre ha sempre affermato: “Mai scegliere un libro (in questo caso un disco) dalla copertina”. Ma non posso negare che sia andata così quando ho avuto per la prima volta tra le mani “Erebus”, il secondo album del trio pugliese Moustache Prawn. Dall’illustrazione realizzata da Marco Cito, una sorta di disegno a pastello caotico e dal tratto leggerissimo, si intuisce già che ciò che ci accingiamo ad ascoltare potrebbe stupire piacevolmente. La prima, e forse la più importante, particolarità di Erebus, è il suo nascere come concept-album, come un album, cioè, in cui testi, musica e atmosfere si fondono per sviluppare un tema o dare vita a una storia e, nel caso specifico, per trasformare in suoni un racconto fantastico scritto da Leo Ostuni, il cantante del gruppo. La storia, che sa di “trip” ecologista modello anni ’60, ma che non per questo perde di originalità, è ambientata nel 1889 nelle Isole di Kerguelen, situate nei pressi dell’Antartico. I protagonisti sono tre schiavi, verosimilmente i tre componenti della band, sfruttati da alcuni scienziati che segretamente cercano di modificare l’habitat naturale degli esseri viventi.In questo clima senza speranza, in cui tranquilla scorre la vita degli ignari esseri umani, accade l’imprevedibile: a poca distanza da Kerguelen emerge un’altra isola, gettando tutti nel panico e nel caos. I tre scienziati vengono inviati in esplorazione sull’appena nato e misterioso atollo, popolato da creature sconosciute, gli Skratz, che sin dalla notte dei tempi abitano il nucleo terrestre e regolano gli equilibri del pianeta azzurro. Compito dei tre schiavi sarà aiutare gli Skratz a smascherare gli scienziati e far tornare tutto alla normalità. Erebus è una vivace tavolozza di generi, un’instancabile fusione di indie rock à la Arctic Monkeys e folk, di movimentate parentesi rock e ballate placide. Ma la buona riuscita del disco non sta tanto in questo, a mio modesto parere. E nemmeno nell’incredibile ventaglio di suoni innovativi che possiamo rintracciare all’interno delle tredici tracce (compaiono, oltre agli strumenti più classici, un Saz Turco ed una Udu Drum, per arrivare infine ad un bidone degli oli esausti).La nota vincente dell’intero disco è tutta nella sua capacità di portarci via: se chiudessimo gli occhi potremmo, già al primo pezzo, ritrovarci nell’isola di Kerguelen, e passando al secondo (“Something is Growing“) riusciremmo ad essere partecipi dello stupore dei suoi abitanti al magico apparire dell’Isola degli Skratz. Grazie alla terza traccia (“Catapults“) saremmo catapultati con i tre schiavi nella nuova e sconosciutà realtà, vivendo l’ebrezza del volo. “Animals” poi farà crescere dentro di noi quella sensazione d’ansia mista a curiosità e paura, che potrebbe provare chiunque si trovi in un luogo inesplorato e incontri strani esseri di cui non sa assolutamente nulla. Erebus è un album realizzato da un trio molto promettente, quindi, ma è anche e soprattutto una magnifica avventura, che sa di cose genuine, montagne scalate e traguardi raggiunti. E come in ogni avventura degna di questo nome, nessun passo avanti è uguale a quelli appena compiuti e, ad ogni cambio di tempo, è in agguato un colpo di scena.Arianna Di MauloGenere: Indie-rock/Concept
Tracklist:
1. Kerguelen
2. Something Is Growing
3. Catapults
4. Animals
5. Solar
6. Eating Plants
7. Mountaintop
8. Breakdown
9. The Lantern
10. Polar Bear
11. Goodbye Zero
12. Waterquake
13. Natural Habitat