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Michael Hedges il visionario e la rivoluzione dell’acustica

In un'intervista pubblicata su Chitarre n.67, il chitarrista americano parla dei suoi strumenti vecchi e nuovi, della sua musica e dell'album uscito da pochi mesi. Apprezzato spesso per gli aspetti più pirotecnici del suo stile, coglie l'occasione per rivendicare l'identità principale di compositore rispetto a quella

In un’intervista pubblicata su Chitarre n.67, il chitarrista americano parla dei suoi strumenti vecchi e nuovi, della sua musica e dell’album uscito da pochi mesi. Apprezzato spesso per gli aspetti più pirotecnici del suo stile, coglie l’occasione per rivendicare l’identità principale di compositore rispetto a quella di strumentista rivoluzionario.

Nel 1991, a dieci anni di distanza dal suo esordio discografico e sei anni prima della scomparsa in un tragico incidente d’auto, Michael Hedges rappresentava già un punto fermo nella storia della chitarra moderna.
Dopo Aerial Boundaries, pubblicato dall’etichetta Windham Hill nel 1984, nessuno poteva più ignorare l’importanza del suo approccio originale allo strumento acustico, cui aveva regalato una nuova voce e un altro repertorio.

Michael Hedges in copertina per Guitar Player nel 1985

Hedges in copertina nel 1985

Stimato e ammirato da una lista trasversale di grandi artisti di ogni genere, era riuscito a creare un ponte efficacissimo per unire la complessità del mondo classico con l’energia del rock, sfruttando sulle corde d’acciaio ogni tipo di tecnica, ortodossa e spregiudicata.
L’uso magistrale di effetti percussivi e tapping rappresenta solo l’aspetto più appariscente di un artista capace soprattutto di scrivere musica vera e non semplici esercizi ginnici per le dita.

A trent’anni di distanza dalla sua esibizione in un teatro romano, ricordo ancora vivamente lo sguardo perso di Michael appena sceso dal palco, gli occhi di un viaggiatore che aveva bisogno di un po’ di tempo per scendere dal suo veicolo a sei corde, per cambiare linguaggio e uscire dai meravigliosi scenari che aveva appena dipinto nell’aria della sala.

L’intervista che segue avveniva nel 1991 grazie alla linea telefonica che collegava Italia e California. All’epoca Hedges era appena passato a sperimentare nuovi mezzi come la chitarra-arpa e le Steinberger elettriche, dotate di un sistema originale di ponte-vibrato in grado di trasporre l’intera accordatura in basso o in alto con un semplice tocco della mano.
Nuove sfide, nuove avventure portate avanti fino all’ultimo, con lo spirito di chi non può fare a meno di esplorare.

Credo di conoscere piuttosto bene Ia tua produzione discografica e ho I’impressione che molte persone colgano solo gli aspetti virtuosistici senza accorgersi del lavoro compositivo che c’è dietro.

Penso che quello sia un lato che non si coglie facilmente a una analisi superficiale, bisogna andare più a fondo. C’è tanta gente che si ferma alla superficie e c’è una gran quantità di musica per cui questo è anche sufficiente; ma per arrivare più a fondo e cogliere I’organizzazione della musica, la composizione bisogna fermarsi più a lungo a pensare ascoltando. Se entri più profondamente c’è qualcos’altro che viene fuori… sono felice di dire che la gran parte del mio pubblico lo capisce.

Chitarre n.67 - Ottobre 1991

Nella tua personalità musicale si avverte una sorta di bilanciamento fra I’amore per il ritmo e la parte compositiva armonicamente più raffinata dove traspare un certo tipo di ricerca…

Sì, questo perché ho studiato, sono diplomato in composizione. Ho imparato una quantità di cose e poi, invece di applicare le regole seguendo i libri alla lettera, ho cercato di dimenticarle, cercando di affidarmi di più al cuore. Capisci?

Perfettamente.

Per rispondere alla tua domanda, in effetti mi definisco un compositore che suona la chitarra. Oltre a composizione ho studiato chitarra al conservatorio di Baltimora.
Sono i due lati della mia preparazione accademica. Ho preso anche alcune lezioni di pianoforte… Per la chitarra posso considerarmi in parte un autodidatta, ma spesso mi è d’aiuto la tecnica classica.

Mi sembra che quando canti venga fuori la parte più “lirica” della tua personalità. In questo senso ti sento molto vicino a David Crosby: ti riconosci in questo?

David è stato una grande influenza per me, come pure Joni Mitchell, Neil Young… quando ero al college ho ascoltato una quantità di Crosby, Stills & Nash… E ora io e David siamo buoni amici, spesso suoniamo assieme…

David Crosby nel 1976

David Crosby Photo by David GansCC BY 2.0

E anche l’idea di lavorare sulle accordature aperte ti è venuta da questi artisti?

Hmmm… l’ascolto dei dischi di Joni Mitchell e David Crosby mi ha spinto su quella strada. Ho pensato: “Non so quali accordature usino loro ma io inventerò le mie”. Per cui non ho copiato niente alla lettera, ho preso solo l’idea delle open tuning.

Mi sembra che la novità maggiore nell’album Taproot sia il tuo uso della chitarra elettrica. Che cosa mi dici della scelta della Steinberger con il sistema TransTrem?

Il TransTrem mi permette di lavorare in standard tuning, poiché la leva fa sì che tutte le note vadano in alto o in basso mantenendo costante l’accordatura reciproca.

Chitarra Steinberger headless con sistema TransTrem

Chitarra Steinberger con sistema TransTrem

E puoi scegliere, presettare il numero di semitoni per I’escursione della leva?

Sì… in realtà, rispetto a come ti arriva lo strumento dalla casa è possibile fare alcune variazioni per ottenere di più.

Venendo dalle acustiche avrai dovuto adattare in qualche modo la tua tecnica alla Steinberger…

Oh, certo, ma devo adattare la mia tecnica in ogni pezzo. Uso varie tecniche. Quando scrivo qualcosa cerco di far sì che la tecnica si identifichi nel pezzo e questo fa parte del processo compositivo. Alcune cose si assomigliano, è ovvio, ma in generale non voglio suonare tutto usando la stessa tecnica.

È come avere una tavolozza con molti colori…

Sì. E mi piace sperimentare cose nuove…

Michael Hedges in copertina, Guitar Player - Ottobre 1990

Sulla copertina di Guitar Player dell’ottobre ’90 sei ritratto con una harp-guitar elettrica costruita per te da Steve Klein: la stai utilizzando dal vivo?

Sì. Quello strumento mi permette di suonare sia la mia musica per harp-guitar che quella per TransTrem guitar, poiche vi ho fatto montare quel tipo di leva.
È molto divertente. È equipaggiata con pickup EMG attivi.

Ma non hai abbandonato la tua vecchia acustica Martin, spero…

No. E ne ho anche un’altra su cui monto corde molto grosse, accordata una quarta esatta più bassa. Ho scoperto che la mia voce viene fuori meglio così. Per la sesta corda sono arrivato a usare una .065 da basso, così grossa che non riuscivo a fissarla al ponte! È una Martin con la cassa in acero…

Avrà quindi un suono più “asciutto”…

Esattamente, ma su di essa uso un pickup magnetico Sunrise e posso equalizzare il suono in misura notevole.

Michael Hedges e Martin D-28 sulla copertina di Watching My Life Go By

Misceli ancora il suono del Sunrise con quello del piezoelettrico FRAP posizionato sotto il ponte?

Sì, sulla mia D-28 per alcuni strumentali. Sulla nuova chitarra low-strung, quella di cui ti parlavo prima, uso solo il Sunrise. È un suono un po’ più elettrico… più scuro. Senza il FRAP e la sua grossa risposta sulle alte frequenze la mia voce risalta di più.
Tra I’altro con quest’ultima chitarra uso un trasmettitore wireless e un microfono per la voce, anch’esso senza fili, attaccato a un vecchio cappello con annesso trasmettitore. Così posso muovermi per tutto il palco cantando e suonando.

E iI movimento che fai sul palco è una delle cose che risaltano di più nelle tue performance…

Già. Generalmente quando usi un microfono devi stargli di fronte con lo strumento ma poiché io suono la chitarra acustica amplificata con dei pickup mi posso permettere un movimento maggiore.

Michael Hedges - Foto promozionali

Ripensavo a qualche anno fa… quando tu e qualche altro artista usciste allo scoperto sembrò che si apríssero nuove dimensioni nel mondo della chitarra acustica lo strumento amplificato finalmente in maniera opportuna, Ia possibilità per il musicista di muoversi sul palco… più dinamica, insomma.

Penso che questo sia molto importante quando suoni di fronte a un vasto pubblico.

Un’altra cosa che si percepisce nei tuoi spettacoli è la fusione tra l’energia del rock ‘n’ roll ed elementi musicali più raffinati provenienti da diverse aree.

Hai ragione. Negli anni del conservatorio durante il giorno studiavo chitarra classica e composizione, ma di notte (ridacchia) suonavo con delle band di rock, di blues o anche del folk come solista.
Così tutte queste cose che mi piacciono vengono fuori in momenti diversi… a volte sono più classico, altre più rock ‘n’ roll, altre più jazzy.

Per acquistare il numero 67 di Chitarre in formato digitale e leggere l’intera intervista scrivete a [email protected].