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Mani e orecchie sull’amp per chitarra di Phil Palmer

Mettiamo le mani sulla seconda versione dell’amplificatore di uno dei nomi di spicco della musica moderna che ha messo le sue note in un numero incredibile di dischi e che ancora oggi è un riferimento, ovvero Phil Palmer.

Non penso siano necessarie presentazioni per su un musicista come lui, noto chitarrista e turnista di fama mondiale, che ha apposto la sua firma su dischi e colonne sonore sia nostrani che esteri.

Da oltre una decade, Phil collabora con il marchio veronese Dreamaker Amps capitanato da Marco Ferrari, che gli ha costruito un amplificatore signature, il PPX2, che è arrivato al suo secondo modello.

Design Immutato 

Come nel precedente modello che abbiamo visto qualche anno, lo 02_20R, la scelta artistica di design è apprezzabile dal punto di vista estetico perché tende a dare quantomeno un’idea diversa dal resto del mercato; oggi a parte alcuni design estremamente particolari (Breach Amps o Tone King) difficilmente si vede qualche idea che rimanga impressa.
Qui, senza soluzioni stravaganti, l’amp riesce ad avere un’impronta estremamente personale, con la mezzaluna in metallo che gioca un buon accostamento con il led, le manopole e lo chassis esterno.

A tutto tondo un amplificatore dalle forme molto eleganti, pronto per essere sfoggiato dal salotto di casa ai grandi palchi.

Dreamaker PPX2

Prodotto semplice, ma efficace

Parliamo di una testata da 30 watt RMS dalle dimensioni abbastanza ridotte con un peso specifico di 16 Kg, che la rende utilizzabile praticamente su un qualsiasi tipo di palco.

Troviamo una sezione di preamplificazione che viene gestita da due valvole 12AX7, mentre il finale viene pilotato da ben quattro valvole EL84; tutta la costruzione è affidata alle mani di Marco Ferrari, l’amp è totalmente cablato a mano con componenti da lui selezionate per il progetto.

Il PPX2 non è di per sé un amplificatore estremamente complesso dal punto di vista funzionale, è una testata monocanale con i seguenti controlli:

  • Gain – Controllo di guadagno
  • Bass – Controllo del volume delle basse frequenze
  • Treble – Controllo del volume delle alte frequenze
  • Power – Gestione del sistema di power scaling dedicato
Dreamaker PPX2

Questi sono coadiuvati da due filtri che fanno da taglio di frequenza sul finale e di un controllo di boost che aggiunge 10 dB sul preamp.
Con le indicazioni dello stesso Marco Ferrari, andiamo ora più nel dettaglio dei controlli sopracitati:

Il Gain è attentamente progettato per mantenere intatto l’equilibrio timbrico dell’amplificatore su tutta la sua escursione, permette di lavorare indifferentemente sia con suoni più puliti che sui distorti più spinti.
Lo switch Boost, quando attivato, aggiunge 10 dB di guadagno, consentendo così di ottenere livelli di saturazione soddisfacenti anche con pickup dall’output moderato.

Da notare che il controllo Gain è in realtà ciò che in un amplificatore tradizionale viene solitamente etichettato come ‘Volume’, ma essendo il PPX2 dotato di Power Scaling, il termine Gain risulta più adatto a descriverne il suo utilizzo pratico.
Contrariamente a quello che succede negli ampli dotati di master volume, nel PPX2 la distorsione viene generata dal finale anziché dal preamp.

Treble & Bass è un EQ di derivazione americana, il tone stack si trova ‘a monte’ del circuito e permette di avere un controllo efficace sul voicing dell’amplificatore, che può quindi essere ottimizzato per qualsiasi tipo di pickup/chitarra utilizzata (contrariamente a quanto succede solitamente negli ampli di stampo inglese in cui il voicing è pre-impostato internamente dal costruttore e il tone-stack ‘a valle’ permette solo aggiustamenti minimi sullo stesso). 

Arriviamo quindi a quello che è sicuramente uno dei plus del PPX2, il controllo Power, che permette di ridurre progressivamente la potenza dell’amplificatore da 30W fino al minimo possibile, per raggiungere il naturale punto di saturazione delle valvole finali a qualsiasi volume di utilizzo. Una manna dal cielo per tutti gli amanti vintage crunch.

Dreamaker PPX2

Il filtro Hi-Cut serve a contrastare un eccessivo incremento delle alte frequenze, spesso frutto dell’interazione tra speaker per chitarra e finali a valvole.
Infatti, se questa enfatizzazione delle alte può tradursi nel cosiddetto ‘chime’, solitamente apprezzato sui suoni puliti, d’altra parte può essere causa di asprezza sui suoni distorti.

Ecco che, attivando questo filtro, si possono ad esempio spingere le alte sul preamp per ottenere l’aggressività desiderata mantenendo sotto controllo la brillantezza sul finale.

In maniera simile all’Hi-Cut, il filtro Lo-Cut agisce in congiunzione con il comportamento dello speaker. Infatti, riducendo l’ampiezza del picco di risonanza alle basse frequenze è possibile ad esempio ottenere bassi più fermi quando si utilizzano livelli di distorsione elevati.

Come spiegato da Marco, l’amplificatore è sprovvisto di loop fx in quanto la funzionalità dello stesso di poter posizionare modulazioni e ambienti dopo lo stadio di distorsione (quando essa viene gestita dal pre e non dalle valvole finali come nel nostro caso) verrebbe meno.
Da questo punto di vista si tratta quindi di una testata “alla vecchia maniera”, quando i chitarristi erano soliti collegare tutta l’effettistica direttamente in ingresso all’amplificatore.

Si riprende nella maniera più assoluta una tipologia di amplificatori molto vintage, che oggi vengono ancora riproposti da altri brand; sono quel tipo di amplificatori che, volendo usare terminologie non prettamente tecniche, non perdonano nulla e dove il chitarrista assume un valore altissimo per il risultato finale.

Dreamaker PPX2

Due parole sul Power Scaling

Parliamo di un sistema dedicato e da non confondere con altre metodologie per la riduzione della potenza che abbiamo visto nel corso del tempo, ovvero i vari: 

  • pentode/triode
  • full power/half power
  • class AB/A  

Il Power Scaling si basa sul fatto che in un amplificatore tradizionale, le valvole vengono solitamente alimentate alla massima tensione consentita, ma nulla vieta di alimentarle a una tensione inferiore per ridurre la potenza, quindi abbiamo un pomello che va agendo come regolatore di tensione per il finale di potenza.

Poiché per mantenere il corretto punto operativo della valvola (e quindi il suono), più di un parametro deve essere ‘scalato’ contemporaneamente, il termine Power Scaling ben si presta a descrivere questo sofisticato meccanismo.

Il Power Scaling preserva del tutto le proprietà timbriche dell’amplificatore anche ai minimi regimi, permettendo un utilizzo in tutte le situazioni live, studio e casalinghe.
Abbiamo effettuato un test partendo dal massimo (ovvero totalmente disinserito) fino al minimo (quasi a fine corsa del power scaling), ecco di seguito la traccia audio.

Dreamaker PPX2

Come suona?

Il primo impatto che si può avere è piuttosto simile a un Vox, ma il comportamento della saturazione, come abbiamo spiegato prima, permette un risultato molto più intelligibile e meno ingolfato, anche tenendo il Gain al massimo, e addirittura aggiungendo ulteriore distorsione associando dei pedali overdrive.

Possiamo però dire che, messo in breakup, quello che ne risulta è comunque un pulito abbastanza spigoloso, che però l’Hi-Cut permette di tenere meglio sotto controllo.

L’intero utilizzo dell’ampli potrebbe benissimo essere gestito con il solo gioco del volume della chitarra, si ottengono sonorità pulite fino a un bel crunch potente ma mai ingolfato, senti la giusta compressione delle valvole che ti permette di apprezzare appieno il suono di questo amplificatore.

I controlli di EQ non sono controlli estremamente invadenti, fanno perfettamente il loro dovere per poter regolare lo strumento al meglio.

Quello che stupisce, forse la cosa che più lascia con la mascella a terra, è il Power Scaling, che abbiamo testato a scalini (prima senza, e poi andando quasi fino al minimo) e il carattere dell’amplificatore non cambia in effetti di un millimetro.
Ascoltando la traccia audio sopra si può notare che il crunch rimane identico, ma a un volume inferiore, vorrei poter dire come un master volume, ma il comportamento è più efficace, con meno perdite di frequenze e di dinamica.

Ecco altre tracce audio, la catena di tutte le take è la seguente:

  • Fender Lonestar (pickup Bertozzi sulla linea dei Fat 50 e del PAF classico al ponte)
  • Cavo QuikLok SSOne 
  • Dreamaker PPX2
  • Vinteck Natural Drive
  • Mad Hatter Twin Screamer
  • RedSeven Amp Central con IR di un V30 microfonate con SM57 e AKG 414
  • Scheda Audio Arturia AudioFuse

Conclusioni finali

Parliamo di una testata, a tutti gli effetti molto semplice dal punto di vista funzionale, ma che necessita di un approccio alla vecchia maniera, quando si mettevano gli amplificatori “a rotta di collo” giocando molto col volume e che non lasciavano molto scampo, da lì in poi il “avere il manico” fa effettivamente la differenza.

Con il boost, i controlli di filtro e il power scaling, è comunque un amplificatore che ha tutto il necessario per fare rock, con tutte le sfumature del caso. Copre un ventaglio che passa dal blues fino al rock spinto, ma non è un ampli estremo, non sperate in distorsioni incredibili, e non ha nemmeno senso chiederle.

È un amplificatore molto nitido, estremamente avvezzo a bucare il mix, questo per via della sua progettazione e dal suo modo di saturare “di finale” che permette di ottenere dei suoni estremamente intelligibili e altrettanto dinamici.

Ha digerito i pedali molto meglio di quanto si possa aspettare (parlando degli overdrive) sia quelli con un taglio più neutro (il Vinteck Natural Drive) che quelli più caratteristici (il doppio TS808 della Mad Hatter), forse solo con il delay della Gurus tendeva a scurire leggermente, ma probabilmente per il suo carattere valvolare stile vintage.

Dreamaker PPX2

Prezzo di vendita in linea con il resto

Parliamo di uno street price di 2000 euro (sola testata) che nel mondo handmade non è totalmente fuori dal mondo; non siamo lontano dal costo di un Vox della serie handwired o di un Marshall della stessa serie (in quel caso il costo è anche maggiore).

Siamo ai livelli di un amplificatore di fascia alta usato come prezzo, quindi direi che è comunque abbordabile sul prezzo del nuovo, considerando che anche se è monocanale con il boost interno e giocando col volume, possiamo essenzialmente avere due canali senza troppi giri di giostra.

Possiamo definirlo un buon investimento sul lungo periodo, perché l’utilizzo in termini di possibilità sia in studio che live lo rende una macchina per più ambiti e “scalabile” dal pub piccolo al grande palco.Maggiori informazioni sul sito Dreamaker Amps