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Dear Jack, voglia di rock

Salve MusicOffili, abbiamo approfittato di Pierangelo Mezzabarba, titolare della Masotti Guitar Devices e spesso nostro redattore per tanti articoli di valore sul sound routing & tone di grandi professionisti della musica, per realizzare questa intervista a Lorenzo Cantarini, chitarrista dei Dear Jack; Pierange

Salve MusicOffili, abbiamo approfittato di Pierangelo Mezzabarba, titolare della Masotti Guitar Devices e spesso nostro redattore per tanti articoli di valore sul sound routing & tone di grandi professionisti della musica, per realizzare questa intervista a Lorenzo Cantarini, chitarrista dei Dear Jack; Pierangelo, a stretto contatto con la band in questo periodo di lancio del tour, si è immerso in una bella ed interessante chiacchierata con questo giovane e talentuoso musicista, in cui si è parlato soprattutto di rock, proprio perché i Dear Jack con questo primo tour vogliono subito mettere le cose in chiaro sulla loro vera natura, al di là delle apparenze.Pierangelo Mezzabarba – Ciao Lorenzo, sempre un piacere rivederti. Ti faccio una domanda di rito, giusto per rompere il ghiaccio: ci parli del tuo impatto con il mercato discografico italiano e più in particolare con la trasmissione “Amici”? Come hai vissuto questa esperienza dal punto di vista personale e, soprattutto, professionale? Lorenzo Cantarini – Come prima cosa un caro saluto ai lettori di “MusicOff”. Ringrazio di cuore te e tutto lo staff per avermi dato quest’opportunità.
Un anno fa se mi avessero detto che grazie ad “Amici di Maria De Filippi” avrei avuto grandi soddisfazioni professionali e personali avrei dato del pazzo al mio interlocutore o lo avrei denunciato per danni morali. Se ne potrebbe parlare per ore ma, ad oggi, mi limito a dire che è stata la più grande palestra della mia vita, dal punto di vista umano e professionale, considerando che di esperienze “di strada” e lavori spacca ossa ne ho fatti un bel po’. Ho sempre disdegnato la TV, in generale, ed i Talent Show, ma penso di aver capito quale è il ruolo e il senso di questa trasmissione, seguitissima, nella nostra realtà attuale.
Non potevo farmi scappare l’occasione. Ho avuto la possibilità di suonare con i miei fratelli di band tutti i giorni, per tutto il giorno, senza sosta in ben 7 lunghi mesi. Oltre quelle che sono le esigenze televisive, a cui si deve ovviamente sottostare, venivamo caricati di lavoro e con l’aiuto dei coach (musicisti al top a livello nazionale che stanno dietro le quinte e che non si vedono in trasmissione…) ci trovavamo a dover arrangiare e strutturate pezzi di ogni genere, di ogni epoca, rendendoli sempre originali, per poi eseguirli in trasmissione, circostanza in cui mettevamo in gioco noi stessi con le nostre facce.
I pezzi che nel corso della trasmissione abbiamo eseguito nelle varie puntate sono stati un centesimo rispetto alla totalità dei pezzi preparati nei mesi. Tutta palestra. Mi sono avvicinato al mondo della televisione, ho imparato a lavorare al computer rispettando le esigenze dei tecnici e dei fonici che lavoravano lì, ho visto come funziona una trasmissione ed un talent dall’interno, ho visto come il mondo della TV sia interconnesso a quello della discografia, ho suonato di fronte a milioni di persone, non ho dormito la notte per giorni per lavorare alle sequenze dei brani, che non finivano mai. E tutto questo l’ho fatto con i miei compagni ma improvvisamente lontano da tutto ciò che comprendeva la mia vita prima di allora, completamente alienato dal resto, contando solo su me stesso ed i miei compagni.Innumerevoli sono stati i momenti in cui sono stato esausto, sull’orlo di un crollo nervoso, ma il bello di una band è anche questo, sono stati la mia forza. Che dici, basta per farsi un’idea sul tipo di esperienza? Verso la parte finale del programma ho compreso veramente che avevamo una grande possibilità e che le industrie musicali cominciavano a buttare un occhio su di noi.
È quindi cambiato il campo da gioco ed è arrivato con la fine della trasmissione il mondo discografico, il lavoro, i Dear Jack. Siamo solo all’inizio ma ti posso dire che il mondo discografico e della musica giocata ad alti livelli è tutt’altro che una passeggiata e gestire la propria immagine e il proprio sound all’interno di questa intricata giungla è veramente un’impresa, soprattutto per un “pischelletto etrusco” come me. P. – Cosa ti ha portato ad imbracciare per la prima volta una chitarra? L. – La storia è semplice e banale. A casa mia c’è sempre stata la musica. Mio padre strimpella chitarra, piano e armonica, mio fratello maggiore suonava anche la tromba e strimpellava gli altri strumenti. Gli strumenti musicali sono sempre stati a portata di mano e la musica “a portata d’orecchio”. Un giorno però mio padre mi fece ascoltare una cassetta, avevo 10 anni e il contenuto della cassetta era l’album “Are you Experienced” di Jimi Hendrix con i “The Jimi Hendrix Experience”. Pochi mesi dopo avevo una Squier blu elettrico e mi ero iscritto alla Music School a Viterbo.
Qui ho fatto uno degli incontri più importanti della mia vita con colui che sarebbe stato fino ad oggi il mio indiscusso maestro di musica, chitarra e non solo, Giacomo Anselmi, che considero un fratello, una guida e un amico, il miglior chitarrista al mondo. Ma anche la migliore persona al mondo. Ho cominciato a suonare la chitarra rock studiando molto Pink Floyd e Led Zeppelin, e ho continuato con tutto il resto: BB King, Eric Clapton, Queen, Toto, Motley Crew, Poison, Rolling Stones, Guns’n’Roses, Van Halen, U2, AC/DC e molti altri.P. – Ci racconti le tue prime esperienze live? Ora fate un tour tutto vostro… quanto è cambiato il tuo approccio mentale da allora? L. – Ma sai mi viene da dirti che il mio approccio è cambiato radicalmente, da un punto di vista tecnico soprattutto, l’attenzione che ripongo nei dettagli, negli arrangiamenti, nel sound. Preparare uno show a questi livelli comporta un processo ben strutturato al quale prendono parte decine di altre persone e figure. Sono sicuramente più consapevole e forte rispetto a prima. Ma la cosa più bella è che in realtà il mio approccio sullo strumento e la mia intenzione sullo strumento e nella musica sono gli stessi di quando avevo 14 anni, quella che arriva dal cuore, dall’anima, che è la stessa cosa che serve per far emozionare le cinque persone che sono di fronte a me mentre suono, o le cinquemila, non c’è differenza per me, anche se ovviamente la botta di energia che arriva è differente. Prima di Amici ho sempre suonato, ho avuto diverse band con cui ho fatte delle esperienze indimenticabili, ho suonato molto anche abbastanza lontano da casa e penso di poter dire che la mia gavetta l’ho fatta. Notti insonni per andare a suonare a 300 km di distanza per 50 euro ed un panino senza rimborso spese, concorsi musicali di provincia e non, serate nei locali viterbesi, ore ed ore chiuso in sale prove organizzate alla meno peggio, strappare coi denti una seratina per un evento un po’ più importante, festival home made per suonare con altre band senza pretese ma solo per amore del suonare, cercare disperatamente di attirare l’attenzione di case discografiche o agenzie che non sapevo neanche chi fossero, cosa fossero e come funzionassero. E sono fiero di questo, sono consapevole di quanto questo faccia parte di me e di quanto mi abbia aiutato a crescere. Soprattutto so che dentro a tutto questo c’è del sano Rock’n’Roll. Una delle grandi differenze rispetto al passato è che ora posso selezionare e scegliere quella che reputo essere la strumentazione migliore per le mie esigenze e posso contare su un sound qualitativamente inimitabile. Questo è molto importante per poter essere all’altezza di uno show della portata di quello che facciamo in tour. Poi, lasciamelo dire, dopo mesi di promozione dell’album, di ospitate per radio o TV varie, mini festival, incontri con i fan e firmacopie, apparizioni, eventi formali e diplomatici… dopo tutto questo, finalmente il live, finalmente si suona, finalmente arrivano i concerti. Questo è quello che stavamo aspettando con ansia e che non vedevamo l’ora arrivass: suonare e basta! P. – A proposito di strumentazione, vuoi parlarci di cosa usi? L. – Uso innazitutto 2 step in A/B Switch per avere lo spare a disposizione con un semplice click. Data l’importanza della mia chitarra nello show è necessaria una soluzione del genere. Comunque il setup principale è composto da una pedaliera in cui sono alloggiati pedale volume, compressore Boss CS2, Carella Overtube, Masotti OD Box e White Box, Strymon Mobius e Timeline. Il tutto va in una M ZERO Overdrive con doppio master, per la gestione dei soli. L’intero setup è pilotato via midi, sia attraverso il TB6 per i paesaggi dei pedali, sia da attraverso un midiswitcher custom che richiama le funzioni della M ZERO. La cassa è una M ZERO Cab con 2 Celestion Greenback e 2 V30.
Il secondo setup è invece composto da una semplice pedaliera in cascata con Boss CS3, Masotti OD Box, chorus EH e della Carbon Comp. Ampli e cassa sono rispettivamente Mezzabarba Skill e MesaBoogie 2×12 con V30.  P. – Come sarà il nuovo spettacolo? Io ti conosco da tempo come un gran rocker… avete cercato di dare questo tipo di impronta allo show? L. – Grazie per il complimento in primis. Il “Domani è Un Altro Film Tour” è per noi particolarmente importante, non solo perché è il primo tour della band, non solo perché siamo tra gli unici artisti che al primo tour si esibiscono nei palazzetti di tutta Italia, e questa è una grande responsabilità, non solo perché il nostro disco è il più venduto dell’anno e ci si aspetta molto da noi, ma anche perché è la nostra prova del 9. Dobbiamo gran parte del successo ad Amici e come è normale che sia, soprattutto nel nostro caso, veniamo osservati con occhi dubbiosi da parte non dei nostri fan, che sono devoti a noi e noi a loro, ma da parte di tutto il resto delle persone, giornalisti, musicisti ed altri artisti che nel migliore dei casi ancora non sanno se siamo solo un “prodotto” discografico o qualcosa di più.
Noi qui dobbiamo dimostrare di avere le capacità tecniche ed artistiche per sostenere uno show più che credibile davanti a migliaia di persone. Da parte mia e del resto della band c’era l’esigenza di creare uno show assolutamente Rock, travolgente, caratterizzato da arrangiamenti e sound moderni ma pur sempre rock. Si perché la nostra anima è tale, anzi rockissima e le mie chitarre la sanno lunga al riguardo, se non le facessi vibrare con questa intenzione prima o poi mi volterebbero le spalle. Lo stesso vale per la nostra sezione ritmica che, lasciatemelo dire, spettinerebbe chiunque. E noi abbiamo la possibilità di dimostrare ciò solo con questo tour, adesso. Non a caso abbiamo scelto di inserire in scaletta alcuni brani di artisti che per noi sono d’esempio, per poter dare sfogo al nostro animo rock condividendo con i nostri sostenitori quella che è la musica con cui siamo cresciuti, e quindi: U2, Michael Jackson (con Eddie Van Halen), Maroon5, Coldplay. Ma anche Celentano e Battisti, che rappresentano un glorioso passato musicale.
Anche i nostri pezzi, pur mantenendo fede alle versioni del disco, hanno subito un processo di “rockizzazione”. Non mancano parti strumentali, soli di chitarra “in your face” e… oso: l’intro del concerto è quasi progressive. Di tutto questo non c’è da stupirsi perché noi veniamo da queste radici, vogliamo suonare musica rock ed è questo quello che facciamo e faremo, sempre.
In più, sento spesso dire che ormai il rock è passato, che tanto ormai il rock ha fatto il suo pezzo di storia e va bene così. Ma questo è un grave errore, perché il rock muta, cambia forma, ma non muore, e gli amanti del genere come noi questo lo sanno bene, lo sa anche tutta quella fetta di pubblico italiano che ancora spera di sentire un concerto in cui un suono di una chitarra distorta ti faccia vibrare il petto. P. – Cosa ti piace e cosa vorresti cambiare nell’ambiente musicale italiano? L. – Questo ambiente mi sembra una gran confusione di realtà completamente parallele, in cui vigono dinamiche complesse e ben radicate in alcuni vizi e difetti culturali che ci appartengono come popolo. Sarebbe bello se quando si ascolta musica, in qualunque circostanza, lo si facesse in maniera completamente disinteressata. Senza sentire la necessità di giudicare la musica, o doverla catalogare, o etichettare, o contestualizzare in un settore preciso della discografia. Poi si dice che l’arte è lo specchio della società, quindi la musica ce la dice lunga su come se la passa la nostra società.
Se ci fosse qualcosa da cambiare forse dovrebbe essere non nella musica, ma altrove. Così poi la musica, per la società, sarebbe uno specchio gratificante. Per ora mi limito a dire “Lunga vita al Rock”.Pierangelo Mezzabarba
Dear Jack Official Website
Domani è Un Altro Film Tour

04 ottobre FORLI’ – Pala Credito di Romagna

11 ottobre ROMA – PalaLottomatica (sold out)

18 ottobre NAPOLI – PalaPartenope

25 ottobre MILANO – Mediolanum Forum (sold out)

01 novembre BARI – PalaFlorio

08 novembre PESCARA – Pala Giovanni Paolo II

15 novembre GENOVA – 105 Stadium

22 novembre ACIREALE (CT) – Palasport

29 novembre ANCONA – PalaRossini

06 dicembre MANTOVA – PalaBam

07 dicembre BRESCIA – Pala EIB

13 dicembre TORINO – Pala AlpiTour (ex Olimpico)

14 dicembre BOLOGNA – Unipol Arena

20 dicembre FIRENZE – Mandela Forum

21 dicembre PADOVA – Fiera di Padova (padiglione 7)

Tutti coloro che acquisteranno all’interno del palazzetto una copia dell’album “Domani è un altro film” prima parte (9.90 euro) riceveranno un pass per poter incontrare la band e farsi autografare il poster contenuto all’interno del disco. L’album si può anche pre-acquistare su www.musicfirst.it per poi ritirarlo al Dear Jack Point all’interno del palazzetto e ricevere il pass.