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Between the Buried and Me – The Parallax II…

Spericolati giocolieri, i Between The Buried and Me a dieci anni dal debutto sembrano aver messo definitivamente la testa sulle spalle; sia chiaro, ciò non significa che abbiano abbandonato la loro grottesca alchimia di sfuriate Metalcore e interminabili labirinti Progressive (fortunatamente l'originale ricetta di "Co

Spericolati giocolieri, i Between The Buried and Me a dieci anni dal debutto sembrano aver messo definitivamente la testa sulle spalle; sia chiaro, ciò non significa che abbiano abbandonato la loro grottesca alchimia di sfuriate Metalcore e interminabili labirinti Progressive (fortunatamente l’originale ricetta di “Colors” se la tengono ben stretta), bensì che il costante crescendo qualitativo iniziato con “The Silent Circus” sembra dare il suo frutto più maturo con la loro nuova fatica: “The Parallax II: Future Sequence”.

Che sarebbe stato un lavoro ambizioso era chiaro fin dall’antipasto che ci avevano servito l’hanno scorso, “The Parallax: Hypersleep Dialogues” (un’EP che in tre tracce racchiude una rara maestosità), e si riflette anche nella scelta di mettere un concept alla base dell’album. Il tema del viaggio nello spazio non è senza dubbio dei più originali, ma anche solo l’idea di introdurre un elemento di coesione è una piccola rivoluzione per una band che nell’incoerenza (a più livelli) trova uno dei suoi punti di forza. I Between The Buried and Me non smettono comunque di mettere in campo le idee più disparate e contrastanti, ma il filo del concept unisce le varie canzoni: i brani scorrono spesso gli uni negli altri e suonano più naturali, pur non perdendo ognuno una sua personalità propria. La gentile “Goodbye to Everything”, che apre l’album in acustico, ci aiuta ad esemplificare questo concetto fluendo naturalmente in “Astral Bod”. Quest’ultimo è un brano particolarmente riuscito, che pur essendo conciso per i canoni della band racchiude già molti dei caratteri principali di “The Parallax II: Future Sequence”: troviamo immediatamente, nel riffing iniziale, alcune delle tante spore dream-theateriane sparse per l’album, ed è subito palese l’importanza di Tommy Giles Rogers in questo lavoro. Con l’esperienza di un nuovo album solista sulle spalle (“Pulse” dello scorso anno), il vocalist infatti ci offre una prestazione vocale appassionante, caratterizzata dall’avvicendarsi delle solite invettive brute a parti clean ammalianti, che danno dinamicità anche ai brani più mastodontici.È il caso della carnevalesca “Lay Your Ghosts to Rest”, in cui sono particolarmente accentuati gli elementi dialettici (veloce – lento, growl – clean, opprimente – luminoso) di cui è ricco l’album, o di “Extremophile Elite”, che prima picchia meccanicamente e poi si contorce in un puzzle avvincente.
Molte delle canzoni sono inframezzate da interludi a primo ascolto superflui, come la vuota “Autumn” o il monologo di “Parallax”, ma che hanno il pregio di creare le giuste atmosfere e dare spessore alla dimensione narrativa. Nello specifico è molto piacevole vedere il dolce mare di “The Black Box” incresparsi pian piano: le onde alzarsi e sfociare nella tempesta della bestiale “Telos”, con il suo incedere titanico e una sperimentazione sonora di sicuro impatto.La vena più grottesca della band si sfoga nell’avanguardistica “Bloom”, un piccolo svago che tocca anche melodie “surfistiche”, prima di serrare le fila per il finale. “Melting City” e “Silent Flight Parliament” sono infatti due monoliti impegnativi e prolissi: la prima soffre di sbalzi d’umore molto prolifici, mentre la seconda ha il carattere del classico, con il suo incedere epico, diretto e a tratti sinfonico. L’ideale per concludere in grandezza il nostro viaggio prima di ricongiungerci al punto di partenza attraverso “Goodbye to Everything Reprise”. Crescendo i Between The Buried and Me hanno imparato a combinare le loro radici Metalcore e gli elementi Progressive in composizioni memorabili, senza compromettere la loro creatività naturale. Proprio questa maggiore cura porta ad uno “snellimento” (molto relativo) del songwriting che li fa avvicinare ai Dream Theater non solo per le spore di cui abbiamo accennato (presenti anche nella prima parte di “Silent Flight Parliament” ad esempio), ma soprattutto per l’attitudine delle parti clean.Ciò non toglie che abbiamo tra le mani un album dallo stile originale, che prende direzioni inaspettate ed è suonato, come prevedibile, in maniera pazzesca. Anche se, d’altro canto, sono proprio gli episodi più tecnici (benché siano ben dosati), uniti a una lunghezza complessiva tutt’altro che banale, a creare dei momenti piuttosto ridondanti.
Non è comunque questo a intaccare la qualità di “The Parallax II: Future Sequence”, un prodotto imperdibile per tutti gli amanti del Progressive non allergici alla componente “core”.Per concludere resta solamente da affrontare il dubbio che attanaglia molti fan dei Between The Buried and Me: chi è il vincitore del titanico confronto tra la loro ultima fatica e “Colors”? Pur essendo ancora convinto che “The Parallax II: Future Sequence” sia la loro opera più ambiziosa e matura, non credo per questo che vada considerata migliore a prescindere. Anzi, non vedo un vero e proprio vincitore, ma piuttosto due momenti di pari importanza nella discografia di una band che sta scrivendo pagine importantissime del suo genere.

Francesco “Forsaken_In_A_Dream” CiceroGenere:  Progressive MetalLine-up:

Between the Buried and Me:
Dan Briggs – Basso
Blake Richardson – Batteria
Tommy Giles Rogers – Voce, tastiere
Paul Waggoner – Chitarra
Dustie Waring – Chitarra

Musicisti ospiti:
Amos Williams (dei Tesseract) – voce in ‘Parallax’
Walter Fancourt – Clarinetto basso, flauto, sassofono tenore
Ricky Alexander – Violino
Julian Hinshaw – Tuba
Maddox Giles (figlio di Tommy Giles Rogers) – “rumori alieni”

Tracklist:1. “Goodbye to Everything
2. “Astral Body
3. “Lay Your Ghosts to Rest
4. “Autumn
5. “Extremophile Elite
6. “Parallax
7. “The Black Box
8. “Telos
9. “Bloom
10. “Melting City
11. “Silent Flight Parliament
12. “Goodbye to Everything Reprise

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