HomeRecording StudioRecording Studio - DidatticaLo studio personale: gli ascolti #1

Lo studio personale: gli ascolti #1

Salve carissimi MusicOffili, all'inizio del nostro percorso de "lo studio personale", eravamo partiti proprio dai monitor, ma abbiamo deciso (giustamente) di fare prima delle considerazioni essenziali sull'acustica dell'ambiente.

Da lì siamo passati ai microfoni ed al loro posizionamento con cenni base; tutto ciò partendo dal fatto che lo studio personale generalmente è limitato ad un solo ambiente, se non ad una porzione dello stesso.

Visto che siamo freschi di nozioni sull’acustica affrontiamo ora i monitor con un breve ma importante preambolo storico. Negli anni ’60 Tom Hidley pose le basi per l’acustica delle regie degli studi: simmetria per un’immagine stereo stabile, riverberazione minima, nessuna riflessione da soffitto o pareti posteriori, monitor principali incassati o costruiti nelle pareti anteriori. In questo modo Hidley accettava riflessioni dai monitor quindi il suono di quelle regie era caratterizzato da un suono anteriormente “vivo” e posteriormente “smorzato”.

Alla fine degli anni ’70 Chips e Don Davis introdussero la filosofia di progettazione LEDE (Live End Dead End) che prevedeva un suono smorzato anteriormente, per dare modo al fonico di ascoltare quasi esclusivamente i monitor e non rischiare un filtraggio a pettine dalla parete anteriore, e riflessioni posteriori per evitare di creare una camera anecoica.

In realtà ogni progettista rielaborò in modo personale i suoi studi e ne fecero le spese i fonici free lance! Nei grandi studi statunitensi è sempre stata data priorità al fonico piuttosto che allo studio (salvo lavorazioni particolari) ed i fonici si trovavano a lavorare in studi diversi anche nello stesso giorno ed erano acusticamente disorientati. Quindi iniziarono a girare negli studi portando dei monitor da ascolto ravvicinato (near-field) che fossero meno influenzabili dall’acustica dell’ambiente rispetto ai monitor grandi, fra di essi Keith R Klawitter che costruì i mitici KRK 6000 con angoli smussati per evitare diffrazioni delle frequenze superiori e allineamento meccanico fra i magneti di woofer e tweeter per l’emissione temporalmente allineata. La precisione sonora raggiunta fu tale che altri fonici comprarono i suoi monitor.

Ovviamente il limite dei monitor near-field, generalmente compatti e a due-vie, era nella riproduzione delle frequenze inferiori, in particolare per il best seller Yamaha NS10 (a prescindere dalla versione) che era stato realizzato dalla Yamaha per la serie hi-fi Natural Sound.

Lo studio personale: gli ascolti #1

Risposta in frequenza tipica NS10Il loro pregio, a detta di molti fonici, sarebbe che “suonano talmente male che altrove il mix suona benissimo“; in realtà richiedono un grande sforzo nell’ascolto perché il nostro udito deve usare le armoniche per ricostruire le frequenze mancanti (ma qui entreremmo nella psico-acustica… ). Il lavoro negli studi professionali per la maggior parte delle operazioni, registrazioni, sovrincisioni e mix era basato in gran parte sui main monitor, spesso affiancati dai monitor mid-field usati come ulteriori riferimenti per il bilanciamento del mix e/o il tracking, mentre i near-field erano usati principalmente per simulare l’ascolto hi-fi casalingo.

Negli ultimi 20 anni i near-field hanno decisamente preso il sopravvento, anche perché la riduzione dell’area delle regie non consente più di inserire main monitor e la qualità dei near-field è decisamente migliorata grazie all’elettronica attiva ed alla multi-amplificazione ottenendo una buona linearità alle frequenze inferiori ed ottime risposte (in frequenza, in dinamica e temporale).

Nello studio personale il monitor near-field è spesso l’unico riferimento, magari affiancato da cuffie e dagli altoparlanti del laptop (che generalmente non rispondono prima dei 200Hz, come potrete sperimentare in questo video), pertanto è fondamentale ottenerne la migliore risposta possibile nel nostro ambiente di lavoro. Iniziamo dall’universale regola aurea per ottenere lo sweet spot stereo nel piano orizzontale, ossia creare un triangolo equilatero i cui vertici sono la testa del fonico ed i monitor, leggermente angolati verso le orecchie perché la cupola del classico tweeter a cupola da 1″ ha un angolo di dispersione naturalmente ridotto dai 10kHz in su, con emissione lineare entro +/-15°.

A questa regola segue una regola meno nota ma altrettanto importante per il piano verticale: le nostre orecchie devono essere allineate con il punto centrale (vedi anche prima foto di questo articolo), ossia quello intermedio fra il centro della cupola (o del nastro) del tweeter ed il centro della cupola del woofer, ovviamente ciò vale anche nell’eventuale posizionamento orizzontale.

Lo studio personale: gli ascolti #1

Speaker 3d placement A meno che non sia consigliato nel manuale. sconsiglio il posizionamento orizzontare in quanto si potrebbero creare molte rifrazioni ambientali (date da mixer, superficie di controllo, tastiera ecc.) nel percorso fra i monitor e le orecchie, che si possono ridurre con una postazione ben ingegnerizzata o collocando i monitor sopra appositi stand, per questi ultimi mi raccomando di scegliere quelli con il massimo isolamento con il monitor e che le zampe non siano vuote, altrimenti introducono risonanze anomale nella risposta in frequenza del monitor stesso!

Lo studio personale: gli ascolti #1

Una nota importantissima è di evitare assolutamente il posizionamento ad angolo, che rafforza notevolmente le frequenze inferiori, purtroppo non in modo lineare ma con perturbazioni stabilite dai modi della stanza, e cercare di evitare il posizionamento vicino ad una delle pareti, in questo caso le perturbazioni sono inferiori ma sono sempre significative e non bastano gli utili controlli di filtraggio, come quelli inseriti nella Mackie 824 della prima serie.