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Una vita da backliner – Pt.3

È tutto pronto sul palco, il locale è pieno, ripasso velocemente le note di apertura, è la mia occasione e non posso fallire. L’agitazione sale, ricontrollo i collegamenti, dovrebbero essere a posto, pedaliera, amplificatore, si va in scena. Chitarra muta, il suono non c’è. Ma come è possibile, l’ampli è ac

È tutto pronto sul palco, il locale è pieno, ripasso velocemente le note di apertura, è la mia occasione e non posso fallire. L’agitazione sale, ricontrollo i collegamenti, dovrebbero essere a posto, pedaliera, amplificatore, si va in scena. Chitarra muta, il suono non c’è. Ma come è possibile, l’ampli è acceso… aspetta, i pedali sono a posto, i cavi sembrano funzionare, non è possibile, ora come faccio? Mi sveglio di soprassalto, la fronte imperlata di sudore, il respiro affannoso… un sogno, era solo un brutto sogno!
Ve la immaginate una scena del genere? Vi siete preparati per mesi, fatica, sudore, sacrifici, arrivate al “giorno del giudizio”, il live che aspettate da una vita e niente, non funziona più nulla! Non oso immaginare come potrei reagire in un simile contesto, non voglio neanche pensarci.

Siamo ormai arrivati al terzo appuntamento con Carlo Barbero, che, dopo le prime puntate biografiche, ci regala ritagli di “vita vera” vissuti nel backstage dei grandi palchi.
Il tutto parte dall’amletico quesito: che lavoro fa il backliner?
Carlo senza lesinare particolari ci introduce nel suo mondo, rispondendoci molto semplicemente: “il backliner è la persona che permette al musicista di pensare solo a suonare“. Fare il backliner di qualcuno significa adattarsi alle sue esigenze trovando nel minor tempo possibile una soluzione ai problemi che, spesso e volentieri, si vengono a creare.
I grandi tour, con ingente afflusso di spettatori, vedono la presenza contemporanea di più backliners, ad ognuno dei quali viene affidato uno specifico compito da mantenere.
Per una tournée come quella di Vasco erano quattro in totale, tra i quali Carlo curava le attrezzature di Stef Burns, ma parallelamente anche di Frank Nemola (programmatore sequenze, tromba e cori) e il suo inseparabile computer, e di Clara Moroni, la corista, che necessitava solo di un microfono e di una… bottiglia d’acqua.
Gli altri tecnici si occupavano ovviamente dell’altro storico solista di Vasco, Maurizio Solieri, della sezione ritmica, dello storico tastierista Alberto Rocchetti e del bassista, Claudio Golinelli, più comunemente conosciuto come “il Gallo”, che non aveva praticamente bisogno di nulla. In effetti, bastava dargli il basso e lui suonava, ma quando c’era da dargli la birra, quella diventava anche più importante del basso, racconta sorridendo Carlo.
 
Stef Burns AmpsDai tempi del loro primo incontro, Stef si è evoluto molto dal punto di vista della strumentazione: all’inizio, ci dice Carlo, era una persona molto semplice, aveva tre pedalini e il wah wah direttamente in input nella testata dell’amplificatore, più un Alesis Quadraverb nel send/return per i delay.
Negli anni ha cominciato a portare con sé più chitarre e Carlo gli ha proposto un semplicissimo line-selector per selezionare il preamp di una testata piuttosto che un’altra a seconda che venisse utilizzata la Strato piuttosto che la Gibson, naturalmente per questioni di regolazione del suono e dei volumi.
Negli anni a venire Carlo e Stef hanno progettato insieme un rack più complesso, ma, ci confida Carlo, se andate da Stef a chiedergli come funziona il sistema non ve lo sa dire: lui sa che se schiaccia quel footswitch utilizza quell’ampli, e viceversa. Giustamente, lui ha tutt’altro compito che quello di cablare, suonare! Come detto all’inizio, il backliner è lì apposta per permettergli di fare solo quello in tutta serenità.
 
Compito e “filosofia” decisamente differenti quelli affrontati invece con Massimo Varini, con il quale Carlo ha cablato dei rack che ancora oggi gli viene la pelle d’oca a pensarci tanto erano complessi, a volte lui stesso non ricordava bene dove finissero tutti i cavi.
Varini è una persona di grande esperienza e competenza tecnica ed ha la capacità di sapere esattamente dove collocare ogni elemento del suono che andrà a costruire; Stef Burns invece è molto più “diretto”, dice sorridendo Carlo. Varini è d’altronde un turnista con all’attivo vastissime collaborazioni e pertanto ha la conoscenza tecnica necessaria per cambiare radicalmente il suo suono a seconda di ciò che richiede la produzione, “a Varini puoi chiedere qualsiasi tipo di suono, a Stef puoi chiedergli il suo suono e basta, sono due modi diversi, ed ugualmente ammirevoli, di essere musicista“.
I racconti dell’attività con Massimo Varini proseguono, in studio è sempre fornito di tantissima strumentazione, una testata Vox, una Marshall, una Hiwatt, una Mesa ed ovviamente l’inseparabile Brunetti, oltre a diversi pedali e sei o sette chitarre dai differenti stili, materiale con il quale riesce a riprodurre in pratica ogni tipo di suono che gli venga richiesto.

Dalle parole di Carlo si capisce perfettamente che il backliner aiuta e prepara il musicista ad ogni suo passo, e, come ci confida alla fine, deve essere una persona assolutamente tranquilla e serena per dare a sua volta tranquillità al musicista: assistere un artista significa anche lavorare in un continuo scambio di “energie vitali” per raggiungere la miglior performance possibile sul palco.

Beato quindi Stef Burns e chiunque come lui può contare su un “uomo nell’ombra” come il nostro “Carlitos”: forse non avrò mai la fortuna di avere un backliner personale, ma posso immaginare quanto sia indispensabile e vitale la sua presenza nel successo dei grandi musicisti. Per adesso, speriamo che i miei problemi sul palco restino solo nei sogni! :)Alla prossima puntata musicoffili!

Carlo Barbero – LiveWorks