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Sun Kil Moon – Universal Themes

Mark Kozelek è una figura decisamente atipica nella scena rock alternativa, tanto schivo quanto osannato dai cultori di un certo sound anni '90, il nostro continua a traboccare musica tra divertissement e progetti più seri come nel caso dei Sun Kil Moon e dopo l'ultimo e bellissimo "Benji", ha avuto un exploit di cri

Mark Kozelek è una figura decisamente atipica nella scena rock alternativa, tanto schivo quanto osannato dai cultori di un certo sound anni ’90, il nostro continua a traboccare musica tra divertissement e progetti più seri come nel caso dei Sun Kil Moon e dopo l’ultimo e bellissimo Benji”, ha avuto un exploit di critica e pubblico tanto da essere chiamato da Paolo Sorrentino per girare alcune scene di “Youth”.Il nuovo Universal Themes non si discosta particolarmente dalla produzione – recente e non – dei Sun Kil Moon, anzi si potrebbe dire che è il loro solito album, con i tipici tratti cui la band ci ha abituato. L’album parte sorprendentemente veloce con “The Possum“, in cui la chitarra classica di Kozelek è accompagnata dalla batteria di Steve Shelley (Sonic Youth) fino ad un improvviso break in cui accordi jazzati accompagnano la narrazione. Notevole il blues “strascicato” di “Cry Me a River Williamsburg Sleeve Tattoo Blues” e gli inserti di banjo in “Garden of Lavander“, la traccia più lunga dell’album.Fuori dal coro invece la terza e settima traccia (“With a Sort of Grace I Walked to the Bathroom to Cry” e “Ali/Spinks 2“): chitarre distorte, sound garage lo-fi, una sorta di cantato sgraziato, incursioni noise e improvvis i arpeggi bucolici in pieno stile Kozelek. Fin qui abbiamo trattato l’aspetto prettamente musicale del disco, ma un lavoro di Mark Kozelek non è solo musica, anzi mai come in Universal Themes questa è in secondo piano, cellule armoniche quasi improvvisate totalmente asservite alle parole e alle immagini dipinte con semplicità e sentimento.Mark parla della sua vita; della vita della gente che gli sta vicino e della vita degli sconosciuti; della vita che sta spirando dal corpo di un piccolo opossum; dei concerti dei Godflesh; di una ragazza di nome Veronica incontrata a Milano durante le riprese di Youth; delle chiamate fatte da Paolo Sorrentino; delle risate con gli amici di sempre. E ne parla con semplicità, con intimità. Ci sussurra nell’orecchio e non gli importa se il discorso ogni tanto perde il filo. Tutto è importante, tutto è essenziale. Ogni piccolezza ha la sua dignità, anche la commozione provocata dalla morte di un animaletto. Ed è tutto foriero di riflessioni sulla vita e sulla morte, sul nostro senso, sulle questioni essenziali e “alte”. La sua missione è questa: incastonare in piccole piéce di prosa accompagnata dalla musica, i piccoli fatti quotidiani, le apparenti banalità che scorrono senza che si riesca ad apprezzarne la bellezza e l’importanza. È cantare la vita per sconfiggere la morte. Ed è disarmante quanto Mark Kozelek ci riesca così dannatamente bene. «And I’d like to die with music in my earsThe piano of Maurice Ravel or Godflesh’s guttural growls from hellThe sound that evokes good memories of being young and able to get around
And I’d like Caroline beside me»
Pasquale VaccaroGenere: indie-folk/alternative Tracklist:
01. The Possum
02. Birds of Flims
03. With a Sort of Grace I Walked to the Bathroom to Cry
04. Garden of Lavender
05. Cry Me a River Williamsburg Sleeve Tattoo Blues
06. Ali/Spinks 2
07. Little Rascals
08. This Is My First Day and I’m Indian and I Work at a Gas Station