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Baustelle – Fantasma

Dopo aver pubblicato I mistici dell’Occidente i Baustelle non si trovavano certo in una posizione invidiabil; il seguito dell’ottimo Amen, infatti, pur non mancando di alcuni spunti interessanti, soffriva di qualità intermittente e dava l’impressione che si cominciasse a grattare il fondo del barattolo. Pro

Dopo aver pubblicato I mistici dell’Occidente i Baustelle non si trovavano certo in una posizione invidiabil; il seguito dell’ottimo Amen, infatti, pur non mancando di alcuni spunti interessanti, soffriva di qualità intermittente e dava l’impressione che si cominciasse a grattare il fondo del barattolo. Proprio per questo, alla sesta fatica della band di Montepulciano, Fantasma, viene dato il compito delicato e affatto semplice di invertire la tendenza verso una spiacevole parabola discendente.

Che l’album nasca con i migliori propositi è palese fin dalle premesse: 19 tracce, 72 minuti di musica e lo zampino di più di 80 musicisti. Di quest’ultimi, circa una sessantina fanno parte della The Film Harmony Orchestra di Breslavia (Polonia), coordinata per l’occasione da Enrico Gabrielli, ottimo polistrumentista membro di Calibro 35e Mariposa. All’orchestra non si chiede solamente di imbottire l’album con i piccoli e volutamente spaesati intermezzi di “Nessuno muore”, “Primo pincipio di estinzione” e “Secondo principio di estinzione”, ma ha il ruolo fondamentale di impreziosire delicatamente i brani. Infatti la maggior parte delle canzoni nascono come nudi lied di sola voce e piano che l’orchestra veste con una cura materna, senza mai prendere il sopravvento ma allo stesso tempo dando personalità.

Non mancano inoltre citazioni dalla grande musica del Novecento, da  Stravinskij a Ligeti, passando per Wagner, Mahler (“La natura” ci propone addirittura una rielaborazione del celebre “Adagietto” della Quinta Sinfonia) e Messiaen (ne “Il finale” abbiamo un’invenzione sullo splendido “Quatuor pour la fin du Temps”, composto durante la prigionia nel campo di concentramento di Görlitz).

Il risultato di quest’unione è sontuoso, ed è sicuramente tra i principali ingredienti che fa di “Fantasma” un album musicalmente eccelso, arrangiato con una cura che disarma qualsiasi critica. Ma non c’è solo l’orchestra: ci sono anche De André e Piero Ciampi, nel tono e nella cadenza della voce narrante (“Nessuno”, “Il finale”),  c’è il Morricone dei film horror (“Fantasma (Titoli di testa)”, “L’orizzonte degli eventi”) e dei Western (“Cristina”), c’è la musica dialettale, grazie a un criminale dall’improbabile ma efficace accento romanesco (“Conta l’inverni”) e soprattutto c’è la musica Pop.

Infatti, per quanto sia ricca e stratificata, l’alchimia straniante di “Fantasma” scorre senza intoppi: si può ascoltare con la mente accesa, oppure si può più semplicemente lasciarsi trasportare dai suoi deliziosi ritornelli. Certamente però il primo approccio è il migliore, e solo così si può godere pienamente della drammatricità della strumentale “L’orizzonte degli eventi”, della finezza degli arrangiamenti di “Diorama”, con quel delicatissimo finale colorato da un coro di voci bianche, della tristezza a tinte western de “Il futuro” e di “Cristina”, tagliata in due metà, una quasi goliardica e una seria, che hanno in comune solo un filo di chitarra. 

Ma soprattutto solamente ponendosi delle domande durante l’ascolto si gusta il valore straniante che sta alla base delle creazioni dei Baustelle: quell’abilità che gli  permette di unire melodie palesemente commerciali a Schopenhauer (“Maya colpisce ancora”), con una nonchalance quasi degna del maestro Battiato. Quasi, perché non tutti i collage di sensazioni cantati da Bianconi e Bastreghi hanno la stessa maturità di quello nella seconda parte di “Cristina”, e spesso la band si rifugia in soluzioni suggestive ma di una profondità solo apparente.

Nonostante il titolo, il loro amore per il cinema e la bambina che tanto somiglia a Nicoletta Elmi in copertina, al di là di qualche idea musicale, siamo tematicamente lontani da “Profondo Rosso” di Dario Argento. Certo, in quest’album si parla anche di morte, ma il vero protagonista è il tempo:  “Fantasma” è un concept album sul tempo, sul futuro che è ormai un fantasma dai contorni indefiniti; sul presente che è sottomesso dal fantasma del passato. Un concept affascinante e ambizioso, a cui tutto sommato i Baustelle riescono a rendere giustizia, nonostante, a tratti, il repertorio di immagini risulti limitato. Troppo spesso infatti, soprattutto nella prima metà del disco, la band trova rifugio e fa sfociare le prospettive del suo mondo desolato in un bacio, un abbraccio o una carezza: nell’amore, in maniera sì coinvolgente ma ormai prevedibile (“Nessuno“, “La morte (non esiste più)”, “Diorama”, “Monumentale”, “Il finale”…).

Un peccato comunque affatto mortale, oscurato inoltre dalla qualità complessiva del lavoro. Delle melodie così curate sono una rara eccezione nel desolato e statico paesaggio della musica Pop italiana e non solo: “Fantasma” è un album veramente importante e di spessore, un lavoro coinvolgente che cresce ad ogni ascolto. Però, nonstante questo, non scommetterei comunque sulla direzione che prenderà la parabola dei Baustelle, poiché le forze messe in campo in questo album sono certamente ammirevoli, ma non si tratta di un lavoro innovativo bensì del punto più alto, assieme ad “Amen”, di un percorso. In ogni caso cercare di leggere ciò che ha in serbo il “fantasma” del futuro per Bianconi, Brasini e Bastreghi è un giochino inutile; meglio spendere il nostro tempo godendoci quest’album.

Francesco CiceroGenere: Indie PopLine-up:Francesco Bianconi – voce, chitarre, basso, pianoforte
Rachele Bastreghi – voce, organo, pianoforte
Claudio Brasini – voce, chitarre
(Per la lista completa dei musicisti partecipanti rimando alla pagina di Wikipedia dedicata)