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AC/DC – Rock Or Bust

Recensire un album di una grande band non è mai facile, in particolar modo se poi ad essere tirato in causa è un nome leggendario che ha scritto delle pagine indelebili della storia del Rock. A volte il parere personale di chi recensisce può esser messo in dubbio dai fan più oltranzisti, a volte lo stesso giudizio

Recensire un album di una grande band non è mai facile, in particolar modo se poi ad essere tirato in causa è un nome leggendario che ha scritto delle pagine indelebili della storia del Rock. A volte il parere personale di chi recensisce può esser messo in dubbio dai fan più oltranzisti, a volte lo stesso giudizio del recensore può essere di parte. Le opinioni dividono. Anche le grandi band dividono. Che fare dunque?Considerando che la verità sta a volte nel mezzo, bisogna procedere con imparzialità (alla stregua di un caso di cronaca) e tuttavia non aver timore di confutare il contestabile. L’imparzialità dovrebbe essere sempre obbligatoria. Veniamo perciò al dunque: come suona questo nuovo disco degli AC/DC?In primo luogo obbiettare alla band poca inventiva sarebbe fuori luogo. Infatti, come si possono discutere le scelte di una band che ha fatto per quarant’anni della coerenza il suo cavallo di battaglia? La risposta è semplice: non si può! Dunque, siamo di fronte alla solita formula a cui gli australiani ci hanno per quasi mezzo secolo abituato? Se consideriamo la genesi dell’album, non proprio.Sappiamo tutti,  quanti e quali problemi abbiano minato seriamente la stabilità dei nostri amati beniamini in questo breve lasso di tempo, la malattia di Malcolm Young, le stravaganti avventure illegali di Phil Rudd; esse non hanno tuttavia scoraggiato il buon Angus, né tantomeno il coriaceo Brian Johnson che spediti come una locomotiva, o per meglio dire come un “rock ‘n’ roll train”, hanno onorato gli impegni presi con la loro casa discografica e hanno regalato ai milioni di fans il seguito dell’acclamato Black Ice.Prima considerazione: dopo quarant’anni di carriera, troviamo una (in realtà poco inedita)  nuova presenza nella formazione, si tratta del “nipotino” Stevie Young già rodato chitarrista che porta avanti la tradizione chitarristica di famiglia. A lui sono affidate le registrazioni delle parti ritmiche composte precedentemente dai suoi zii. Compito che, tra l’altro, assolve in modo impeccabile. A livello estetico invece, la cosa che salta all’occhio di questo nuovo disco è la copertina stilizzata ed un po’ troppo minimalista. Sembra quasi anonima se confrontata con altri eccellenti art work del passato.Seconda considerazione: il disco dura solamente trentacinque minuti. Le undici composizioni sono brevi e dirette, via tutti i fronzoli, via tutto ciò che è in eccesso, si va dritti al sodo. Ciò è però sinonimo di tanta qualità quanta un buon album “radio frendly” ne possa richiedere.”Rock or Bust”  è il singolo apri pista e già da qualche tempo svolge bene il suo compito di trascinare il disco nelle classifiche. Melodia e riff vincenti che si stampano subito nella mente. Suoni potenti e nitidi grazie all’ottima produzione di Brendan O’Brien.L’ugola di Brian Johnson regge bene il tiro e il motore della band macina chilometri di divertimento alla grande. “Play Ball” è l’altro singolo, sempliciotto, ma irresistibile, estratto dal disco e che già conosciamo molto bene. L’accoppiata iniziale tiene alta la media delle composizioni, che sul finire del disco tende, come vedremo, ad abbassarsi.Già, perché al tirar delle somme i due brani iniziali sono quelli più trascinanti ed ispirati, malgrado la loro breve durata. Tuttavia, ad un secondo ascolto  notiamo che l’album nasconde anche qualche altra gemma tra le sue pietre sporche. “Rock The Blues Away” è simpatica e divertente, ma tende a stancare subito con il suo incedere bluesy. Il richiamo è ovviamente rivolto ad alcune composizioni non troppo celatamente blues come quelle contenute in Stiff Upper Lip del 2000.Si tratta comunque di un brano non memorabile, che non raggiunge i picchi compositivi di del disco precedentemente citato. “Miss Adventure” è trascinata da un buon riff, energico, anche se  i cori sono ispirati (male) a “Thunderstruck” e risultano irritanti e a lungo andare stancanti. Con “Dogs Of War” si risale per un pò’ la china.Una canzone più oscura ed epica, che regala già ad un primo ascolto quel feeling tenebroso contenuto nel più fortunato For Those About To Rock. Finalmente si respira un po’ di zolfo, nella migliore tradizione d’annata e dannata. Ed invece ci pensa subito “Got Some Rock ‘N’ Roll Thunder” a spegnere tutti gli entusiasmi con la sua inconcepibile prevedibilità (basta il nome a far capire di cosa parliamo) e banalità. Semplicemente evitabile.Hard Times” è un altro brano lento e cadenzato, in cui i cori hanno un ruolo essenziale, uno dei pochi sussulti di chitarra di Angus Young ci regala solo l’illusione che il brano prima o poi riesca a decollare, ma non corregge comunque il tiro ad una canzone che pare essere proprio un riempitivo e nient’altro. Manca la magia, manca la grinta. Ci troviamo su una improbabile altalena, una giostra impazzita, i brani validi e quelli meno riusciti si alternano velocemente. È il turno questa volta del boogie “Baptism By Fire” che fa dimenticare per un momento quanto lasciato alle spalle, invece la maleducata e maliziosa “Mistress” è forse la canzone più breve dell’intera discografia della band, qui Johnson riesce a divertire nell’elogiare le sue imprese amorose (passate?), ma non regala quel brivido che molti si aspetterebbero da un brano che parli di “sesso, droga e rock ‘n’ roll”.  Rock The House” e “Sweet Candy” divertono con il loro 4/4 ben scandito e coinvolgente, ritoviamo in esse tutte le caratteristiche della vecchia produzione dei primi anni Ottanta, anche se siamo inevitabilmente lontani dal ritrovare l’ispirazione e il sound duro che aveva caratterizzato la band in quella decade. “Emission Control” è il brano posto in chiusura, stancante all’inverosimile tende a  trascinarsi nell’ascolto con talmente tanta noia da sembrare uno scarto del peggiore Blow Up Your Video. Semplicemente da dimenticare. Ciò che emerge prepotentemente da questa quindicesima prova in studio degli AC/DC, è come il tempo dei capolavori sia inevitabilmente finito, forse già da quattro o cinque lustri. Ma questo forse è scontato.Dagli anni Novanta questi indomiti rockers producono certamente musica suonata col cuore e per i fans, ma hanno a poco a poco smarrito quel colpo di genio che aveva caratterizzato i loro primi otto o nove lavori in studio. Un discorso musicale apprezzabile indubbiamente, ma non certamente esente da cali compositivi o mancanza di idee. In questo Rock Or Bust si sente fortemente la mancanza degli assoli ispirati e tipici di Angus, manca poi la grinta, quella spregiudicatezza sonora che è propria della band. La carica adrenalinica, respirata a tratti anche nell’ultimo Black Ice, latita per buona durata di questo lavoro.Questo album non brilla di luce sua, e va perciò ad inserirsi tra la sfilza un pò ingombrante di dischi mediocri rappresentati da Fly On The Wall  e dal già citato Blow Up Your Video. Ci sono canzoni valide, ma sono in netta inferiorità rispetto alla manciata di brani memorabili. In alcuni poi manca proprio un’anima, ovvero l’essenza della loro presenza su disco. Perciò la percezione che sia un album “riempitivo” rimane.Per carità, stiamo parlando di un disco suonato molto bene, in cui i suoni sono rotondi e caldi, non a caso basso e batteria mai come ora hanno acquistato una giusta dimensione su disco. Da un lato aleggia un senso di incompiutezza, una sensazione che le carte disposte sul tavolo sarebbero potute esser giocate meglio.Dall’altro invece, come più probabile sia, Rock Or Bust assolve al suo compito di mantenere viva l’attenzione e di celebrare il quarantesimo anniversario della band. Un compito che non si può dire sia fallito, perché in fin dei conti ciò che conta è  far divertire gli inossidabili fans di mezzo mondo. E non era proprio facile, data la premessa, assolvere a tutto questo.La mancanza di due membri storici ed i problemi dell’ultimo minuto hanno inciso fortemente sul lavoro in questione. Il 2014 è stato un anno prolifico per molte band hard ‘n’ heavy, peccato che alla prova del nove alcuni vecchi leoni non abbiano risposto secondo le attese. Perciò, malgrado gli AC/DC abbiano mostrato grande coraggio nella loro personale chiamata alle armi, cosa di per sé già straordinaria, inizia a farsi strada nelle nostre menti una domanda angosciosa: fino a quando i nostri eroi terranno testa alle offese del tempo?Noi auguriamo loro, come sempre, di non arrendersi facilmente. Rock, not bust!     Marcello MannarellaGenere: hard rockTracklist:
1. Rock or Bust
2. Play Ball
3. Rock the Blues Away
4. Miss Adventure
5. Dogs of War
6. Got Some Rock & Roll Thunder
7. Hard Times
8. Baptism by Fire
9. Rock the House
10. Sweet Candy
11. Emission Control Lineup:
Brian Johnson – voce
Cliff Williams – basso
Phil Rudd – batteria
Angus Young – chitarra
Stevie Young – chitarra