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Speciale: Adriano Viterbini

Un inaspettato pomeriggio tardo invernale romano, mi coglie nella sua improvvisa frescura. Un vento pungente passa senza remore tra le fessure della mia sciarpa, mentre mi dirigo zaino in spalla verso quel trans-tiberim dove, a piazza Trilussa, ho appuntamento con Adriano Viterbini. Caro amico della nostra community or

Un inaspettato pomeriggio tardo invernale romano, mi coglie nella sua improvvisa frescura. Un vento pungente passa senza remore tra le fessure della mia sciarpa, mentre mi dirigo zaino in spalla verso quel trans-tiberim dove, a piazza Trilussa, ho appuntamento con Adriano Viterbini.
Caro amico della nostra community ormai da qualche tempo, Adriano mi attende, anche lui ben bardato nella giacca, per una chiacchierata riguardo il nuovo album dei Bud Spencer Blues Explosion “Do It”, e tutto ciò che sta preparando per il futuro. Al momento in cui leggete questo speciale è passato non molto tempo dall’uscita di “Do It”, ma il duo capitolino si è ormai gettato in pasto a diverse nuove esperienze importanti. Proprio in questi giorni i nostri sono tornati da un tour sul suolo americano, a Memphis per la precisione, dopo aver messo a ferro e fuoco diverse città italiane. Non ultima la capitale romana, che nella location del Lanificio 159 ha visto una serata davvero mirabolante, con moltissima gente purtroppo fuori dal locale a causa del quasi immediato sold out dell’evento. Finalmente il tram sferragliante si ferma nella cornice invernale di Trastevere, dove, come sempre con un gran sorriso, mi aspetta Adriano.
Chiacchieriamo mentre ci avviamo cercando il caldo di un bar, passeggiando sui famosi sampietrini della Capitale attraverso turisti e mercatini. Finalmente troviamo un posto adatto e tranquillo. Ci sediamo al tavolo, e non appena un caffè fumante ci viene posto di fronte, accendiamo il microfono.  Ciao Adriano, come stai? Grazie di questa chiacchierata sono contento di rivederti!
Tutto bene! Ma figurati, grazie a te, è sempre un piacere! Allora com’è andata con l’ultimo disco dei Bud? Da dove è nato Do It?
Allora, il disco dei Bud è nato lungo tutto lo scorso tour, concepito quasi totalmente “on the road”, abbiamo cercato di imprigionare, per quanto possibile, la nostra dimensione ed energia live, in questi nuovi brani. Andando a modificare testi ma anche la struttura dei brani, tante volte eliminando la classica “forma canzone da 3 minuti”, inserendo magari molta improvvisazione ed una durata maggiore. Questo era il primo obiettivo del disco. L’altro era capire come noi stessi eravamo cresciuti.
…anche perché di strada nel mezzo ne avete fatta molta, in tutti i sensi…
Assolutamente, il primo disco era come se fosse una tavolozza piena di colori, mentre questo secondo disco ha delle tonalità e delle sfumature ben precise…
… e questo si sente senza dubbio.
D’altronde eravamo anche alla ricerca di qualcosa che ci avvicinasse il più possibile a capire ciò che i Bud potranno fare in futuro. Volevamo capire un po’ dove questa crescita ci potrebbe portare. Parole che ci sono state “affibbiate” come Blues o Math Rock, in questo secondo disco divengono molto più grandi secondo me. Sai Adriano, nella recensione che ho fatto di Do It, mi sono permesso di definirlo come un cerchio che avete tracciato attorno a voi. Un cerchio indefinito, che vi pone però in totale distacco da tutto il resto della musica italiana. E questo attualmente non è poco.
Sono davvero molto contento che la pensi così, anche perché noi abbiamo cercato di fare qualcosa che fosse al di fuori di tutti quegli input che arrivano in maniera “regalata” dall’ambiente musicale e sociale degli ultimi tempi. In tutto questo devo dire che con i Bud Spencer abbiamo l’enorme fortuna di poter fare un po’ quello che ci pare. Non abbiamo filtri e lo facciamo davvero per amore della musica. Sarei un ipocrita a dirti che non vogliamo guadagnarci, perché ovviamente per me è anche il mio lavoro, ma credimi quando ti dico che in questo momento della mia vita sono davvero felice. Felice di fare esattamente quello che mi gira per la testa! Direi che questo si sente assolutamente nella tua musica.
Questa sensazione di libertà è un lusso che mi ricorda quanto sia valsa la pena di fare tutto ciò che ho fatto, sacrifici in primis, per arrivare a questo momento. Cesare la pensa esattamente allo stesso modo.Do It… un titolo di poche parole.
Immediato. Perché volevamo far arrivare un messaggio ben preciso. I Bud sono un gruppo che vuole fare, non chiacchierare, aspettare e lasciar passare il tempo. Fare. Vogliamo veramente cogliere il momento. Ma “Do It” è anche una sigla per “Dio Odia I Tristi”.  Bellissimo!
Grazie! (ridendo) E vuoi sapere perché? Perché noi siamo un gruppo con un atteggiamento positivo! Positivo in tutto, perché la musica si nutre di entusiasmi e per vivere ha bisogno di energia positiva. In un momento come quello che stiamo vivendo ora, che è abbastanza amaro per tutto e tutti, in cui non si è facilmente predisposti a spendere la propria vita per le arti, per natura poco tangibili, un’energia positiva è più giusta per tutti. E’ giusto anche e soprattutto per gli altri. Una sorta di circolo karmico.
Più o meno. Tu sai bene che io sono un fan di gente come Kurt Cobain, che con un atteggiamento positivo, non aveva molto a che spartire. In generale però credo che un atteggiamento positivo faccia bene. Perché la musica è anche terapeutica ed è più giusto per tutti condividerne la buona energia che ne deriva. Perché ti piace Do It?
Credo perché è un disco bilanciato. Bilanciato, ben calibrato e non banale. Anche l’artwork mi piace molto, realizzato tutto con polaroid vera, analogica e spartana! Così ti becchi quello che siamo! (ride)Io amo molto la traccia che chiude il disco. “Mi addormenterò”.
Davvero? Grande! Quella canzone è molto particolare per me. E’ il brano a cui sono più legato e che secondo me meglio rappresenta il disco.  Sono molto legato non tanto al brano in se, ma al momento in cui l’ho riascoltato per la prima volta dopo molto tempo. In quel momento ho sentito un brivido che per la prima volta ho provato con un mio brano. Ora ho 32 anni e per la prima volta è successo qualcosa del genere con una mia canzone. Devo proprio dirtelo, trovo che “Mi addormenterò” sia l’emblema di questo album, perché si lascia andare a quel lato intimo e maturo dei Bud Spencer che è stato tanto bello scoprire dopo l’album di debutto che era invece più dritto e arrabbiato.
Sono veramente troppo contento che la pensi così. Grazie mille! Ormai avete collezionato un numero di date live impressionante. Voi vivete la musica nella sua dimensione più vera e umana. Come quest’Italia in un momento così critico?
L’Italia della musica dei club è un’Italia davvero viva. E’ l’Italia dei giovani, che hanno tanta voglia di fare e a me questo piace. I giovani non si lamentano e si danno da fare. Il ricambio generazionale finalmente è arrivato e così chi si lamentava ha smesso finalmente di lamentarsi per fare altro, mi auguro al di fuori della musica. C’è molta nuova energia e girando per i locali la sento e la vivo ogni giorno.
Non si suona solamente per soldi per fortuna, si suona per costruire qualcosa che abbia a che fare soprattutto con la cultura. Sta nascendo davvero, non è un’illusione, e di questo sono molto felice e ottimista! Ho sempre sostenuto che chi si lamenta della musica, è il primo che non fatica a cercare tutto il buono che in Italia c’è. Ed anche in gran misura.
Assolutamente si. E’ vero che il sistema tante volte non regala molta visibilità,  ma proprio perciò chi vuole deve fare da se e la qualità deve cercarla… Finendo per trovarla anche facilmente nel nostro paese…
Verissimo. Speriamo prima o poi anche ai vertici arrivi qualcuno capace di dare il giusto spazio a chi se lo merita. Intanto noi ci diamo da fare però!Prima mi accennavi diverse novità tue personali.
Assolutamente. In questo momento della mia vita sto facendo davvero molte esperienze che mi arricchiscono sempre più. In particolare ho iniziato a suonare in un progetto, sempre in duo, con un bassista fenomenale come Enzo Pietropaoli (Chet Baker, Lee Konitz, Enrico Pieranunzi). Enzo è davvero uno dei numeri uno del Jazz italiano, e in questo duo per la prima volta mi sono avvicinato al linguaggio jazz, cosa che mai avrei pensato di fare! (ride) Allo stesso modo anche Enzo è tornato al blues, che è una delle sue radici. Suonare insieme a qualcuno che è stato in tour con Chet Baker, mi fa venire più di qualche brivido devo dire! Pensa che è successo tutto per caso quando ci siamo riconosciuti a vicenda  a Testaccio per strada! Da li abbiamo deciso di collaborare per qualcosa che ha davvero di unico. Questa è una novità davvero fantastica! Dai dimmi di più, su che repertorio vi state orientando?
Mah, per quanto riguarda il genere parliamo di musica tradizionale americana contaminata con quelle che sono influenze jazz alla Duke Ellington. Da questo è nato un concerto che ha avuto la sua prima al Parco della Musica qui a Roma, concerto di cui sono davvero entusiasta, perché è un concerto sottovoce. Per me, che sono abituato a suonare sempre “a cannone” con il volume, suonare piano è qualcosa di davvero bello. Prima mi dicevi anche di un altro progetto in corso che mi ha lasciato molto colpito.
Certo, si, sto valutando di registrare un disco mio da solista, di cui ho iniziato già ad appuntare delle idee. Vorrei registrarlo fra poco. Un disco di sola chitarra, sia acustica che elettrica, ma… accompagnata da un coro gospel! Non ho parole. Ti prego, continua…
Lo sapevo ci saresti rimasto! Guarda, comunque al momento c’è ancora poco da dire se non che le prime idee le ho già appuntate e conto di registrarle a breve. Mi sto muovendo verso questo progetto con gran decisione perché mi entusiasma molto. Credo potrà uscire una parte di Adriano che è veramente bella, un po’ più malinconica, ma inedita!

Spento il microfono saluto Adriano con un abbraccio augurandoci di rivederci il prima possibile.
Il tardivo freddo romano mi riavvolge e m’incammino per la mia strada pensante.

Sono diverse volte ormai che mi trovo a tu per tu con Adriano, per diversi motivi e in diverse situazioni. La sensazione più bella è ricordarsi ogni volta mentre si parla, di essere di fronte ad un artista dall’enorme caratura, capace di spaziare tra molti generi e colori, ed allo stesso tempo capace di essere umile oltre ogni aspettativa. Il vicino di casa di sempre, un vero amico in musica, mosso da un calore umano senza uguali, capace di essere sempre se stesso senza filtri e di coinvolgere a suo modo tutti quelli che stanno attorno.
Tanti auguri per ogni progetto Adriano, a risentirci prestissimo.Francesco “edward84” Sicheri