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Due storie quasi parallele – Pt.3

In questa terza parte parlerò di due particolari periodi, uno per la Fender che va dal 1 gennaio 1965 al 1 gennaio 1985, periodo in cui era stata venduta alla CBS da parte dello stesso Leo Fender che si credeva prossimo alla fine e con cui collaborò per i primi 5 anni; l’altro, per la Gibson, va dal 1969, anno in c

In questa terza parte parlerò di due particolari periodi, uno per la Fender che va dal 1 gennaio 1965 al 1 gennaio 1985, periodo in cui era stata venduta alla CBS da parte dello stesso Leo Fender che si credeva prossimo alla fine e con cui collaborò per i primi 5 anni; l’altro, per la Gibson, va dal 1969, anno in cui la ECL, una multinazionale importatrice di birra dall’Ecuador, consociata CMI, mise la stessa in minoranza, fondando la Gibson Norlin, e finito nello stesso anno di cui sopra, il 1985.
Questi anni sono stati un po’ da tutti definiti “Gli Anni Bui”, ma in fin dei conti, almeno inizialmente, tanto bui non furono, anzi furono pieni di nuove iniziative e proposte.  L’una invase il territorio dell’altra, cioè Fender nel campo delle Semi-Hollow Body e chitarre da Jazz (iniziato con le Telecaster Thinline, poi seguite da Coronado I° e II°, bassi compresi, Montego e Starcaster), mentre l’altra si cimentò nelle nuove Solid Body, di cui alcune con il manico a paletta a punta, tipo quella della Flying V, fissato mediante viti e piastrine (Marauder, S1 e Grabber Bass, con il solo Ripper che conservò la paletta tradizionale e l’incollaggio del manico).

Nella fase finale di inizio anni 80’s, nacque anche il sempre da me criticato fenomeno “Vintage”, poiché la qualità della lavorazione era andata sempre di più scadendo ed il mercato si indirizzò verso gli strumenti costruiti a fine anni 50’s ed inizio anni 60’s, con il risultato che quelle chitarre, reputate buone ma comunque prima soltanto “chitarre vecchie” e vendute ad un prezzo inferiore alle nuove, levitarono di prezzo e raggiunsero cifre da capogiro; prima fra tutte la Les Paul Standard del 1959, unica rimasta ad una spalla mancante nel periodo “Transition” del 1959-1961, precedente la conversione verso l’SG, mentre per la Fender furono rivalutate le Telecaster dal 1951 a salire fino alla comparsa della Stratocaster nel 1954, quest’ultima al TOP delle vendite, come reperto ricercatissimo degli anni migliori.
Tengo anche a precisare che tale fenomeno ne ha innescato uno ancora “peggiore” (a seconda dei punti di vista ovviamente), la proposta delle “Relic”,  cioé copie moderne, massacrate artificialmente, messe in vendita a prezzi spropositatati, cioè tre volte le contemporanee produzioni “Standard” e “Reissue”.La Fender CBS (Columbia Braodcasting System Inc.) , 1 gennaio 1965 – 1 gennaio 1985

Verso la fine del 1964, come lui stesso ammise in un’intervista postuma, Leo Fender, affetto da una infezione da “Ameba” risolta poi circa 10 anni dopo, sentendosi prossimo alla fine, vendette la sua ditta alla Columbia Broadcasting System Inc. (CBS) per 13 milioni di dollari il 1 gennaio 1965, con in attivo una richiesta mondiale di fornitura di circa 150.000 esemplari del suo nuovo modello “Mustang”, derivato dalla DuoSonic II con l’aggiunta dell’ottimo sistema “ponte basculante-leva vibrato corta”.
Per tale impegno dovette assicurare una collaborazione alla stessa CBS per almeno 5 anni. All’inizio fu un periodo di novità produttive, complice l’ingresso in ditta di un fuoriuscito Rickenbacker, Roger Rossmeisl, cioè l’ideatore del “Basso 4005 Rickenbacker”, che in Fender realizzò la serie Coronado” I° e II°, di cui il modello più riuscito fu il basso “Fender Coronado II°”. Venne invaso così il territorio più consono alla rivale Gibson, quello delle Semi-Hollow Body; unica nota degna di rilievo è che per la prima volta furono usati pickups non Fender, bensì DeArmond.

Nacquero anche delle proposte già in cantiere a fine anno 1964, il Basso Fender Mustang, da cui sarebbe poi nato il primo basso Music Man, lo Sting Ray, ed il primo basso a 5 corde della storia, il Fender V con la quinta corda DO, in basso, ed il manico con tastiera ridotta a soli 15 tasti.
Ma in Fender CBS era entrato un altro fuoriuscito, questa volta da Gibson, un certo Seth Lover, colui che aveva inventato l’humbuker (cosa comunque ancora controversa e non del tutto chiarita, visto il precedente di Valentino Airoldi); a lui si deve l’introduzione del nuovo pickup Fender Wide Range, utilizzato prima sulle Telecaster e poi sulla Hollow-Body asimmetrica Starcaster.
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Gli anni peggiori furono il quinquennio 1975-1980, poi si decise il riscatto, complice la concorrenza di una costola Fender, nata nel 1982, la Fender Japan, che cominciò la produzione in Giappone delle prime Squier, marcate ancora Fender con al lato Squier in caratteri più piccoli, oggi ricercatissime (ho avuto una Telecaster modello 1951, ottima), poi diventate Squier by Fender (JV), anche queste buonissime, e sfociate nelle Fender Made in Japan (di cui ho sia la Telecaster Pasley Sunburst che la Mustang Competition Blue, le più gettonate).
Ma molto ricercate sono le “The Strat“, inizialmente solo Fiesta Red e Lake Placid Blue, hardware dorato, in un secondo momento proposte Artic White ed Emerald Green; poi le Elite con pickup  passivi a cover chiusa (ma non ancora Lace Sensor), Stratocaster con tre switch a pulsanti al posto del commutatore a 5 posizioni e Precision a due pickup split. Eccovi le foto dei due modelli più ricercati, la Strat ed il basso Precision Elite (vedremo più avanti l’impatto che generarono in Gibson con le Victory), forse furono il “Canto del Cigno” di Fender-CBS.

Gibson Norlin, anno 1969- 1985

Era il 1969, la Gibson del periodo era composta da due società, la CMI (Chicago Musical Instrument), con presidente Maurice Berlin, e da The ECL Corporation, con presidente Norton Stevens. Il primo provvedimento preso dalla nuova società Norlin con la ECL che aveva messo in minoranza la CMI, fu quello di spostare in Giappone la produzione Epiphone, fino ad allora rimasta negli USA, cambiando anche il nome ad alcuni modelli storici; ma vi fu anche una lotta intestina con l’acquisizione della nuova sede di Nashville, oltre alla sede storica di Kalamazoo, forse per risvegliare gli interessi degli estimatori del grande Elvis Presley, dove poi si produssero le J200 e similari proprio in suo ricordo. Nel 1973 incominciarono le produzioni di due chitarre con manico fissato mediante 4 viti e piastrine: prima la “Marauder” chiamata da tutti la  “Tele di Casa Gibson”, seguita l’anno dopo dalla “S1” chiamata la “Strato di Casa Gibson”. Eccovele, della seconda sono stato un possessore.
Di una cosa sono certo, i bassi prodotti nello stesso periodo, il Ripper a manico incollato e paletta tradizionale Gibson ed il Grabber, nelle due versioni a pickup spostabile e G3 a tre pickup a barra e bobine sovrapposte (questo l’ho posseggo ed è già il secondo), entrambi con scala 34 pollici e corde passanti per il body, hanno riscattato e rivalutato il concetto del “Basso Gibson” agli occhi ed orecchie dei bassisti fenderiani come me. Oggi sono stati entrambi riproposti.
A fine anni 70’s la Gibson Norlin ebbe un momento di calo, ripropose prima una chitarra (bruttina ma che suono), la Corvus, in tre diverse versioni, diventata poi la nuova “Futura” (non la Korina ).
Poi due chitarre, una in sostituzione delle due riuscitissime ed ancora ricercate Marauder ed S1, chiamata Sonex, l’altra, L6, per accattivare i gusti dei chitarristi jazz alle Solid-Body di produzione slim in acero ed humbucker in posizione SG, chiamandola con un nome che era il seguito, a loro auspicio, della chitarra jazz per eccellenza, la L5.

Seguite da un basso dalla elettronica invasiva Moog, l’RD, oggi quasi dimenticato e con uno scasso enorme sul retro, figlio del suo tempo, con la componentistica dei Sintetizzatori MOOG, anche in versione chitarra (nel 1977).
Ma il vero esemplare simbolo al vertice del periodo Norlin, nato dopo il successo Strat di casa Fender CBS, fu una Solid-Body proposta in colori molto simili a quella della concorrenza, principalmente rossa o blu, ma anche sunburst , anche con leva di vibrato di tipo Schaller, incorporata nel complesso ponte-bloccacorde, due pickup humbucker senza cover, al ponte e manico, ed un centrale che era un humbucker a bobine sovrapposte ma che sembrava un monobobina, il nome fu scelto augurale, cioè Gibson Victory, a cui seguì il basso, ad uno e due pickup inclinati, concorrente del Fender Precision Special del periodo, cioè inizio anni 80’s.  

Franco Maresca
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